Sei opere, una per ciascun artista selezionato dai tre curatori del Premio Lissone 2025: è la formula matematica con cui le collezioni del Museo d’arte contemporanea si arricchiscono, peraltro in occasione del primo quarto di secolo del Mac stesso. Le scelte sono state annunciate nella serata di giovedì 11 dicembre, in una serata speciale dedicata al compleanno e alla presentazione del catalogo.

“L’ingresso delle sei opere in collezione sottolinea il ruolo del museo inteso come osservatorio attento ai principali filoni della ricerca artistica contemporanea nazionale e internazionale“, scrive il Mac diretto da Stefano Raimondi, che ha cambiato l’impianto del premio: non più una “gara”, ma la decisione di individuare con altri due curatori sei artisti che con l’invito sono già vincitori.
Premio Lissone 2025: quali sono le opere scelte
Le opere scelte, allora: The most interesting plants grow in the shade, (2024) di Ariel Schlesinger; Love (Whale) (2023) di Cecilia Granara; L’estensione dell’alba (2022) di Giuliana Rosso; Untitled (2024) di Landon Metz; Ritorneremo (trovata di portafogli) (2025) di Valerio Nicolai e Senza titolo (2025) di Viola Leddi.
Premio Lissone 2025: le motivazioni dei curatori

Ariel Schlesinger muove da una grammatica oggettuale e filosofica che si serve di elementi del quotidiano. Nell’opera The most interesting plants grow in the shade, (2024), una forbice, la cui lama si trasforma in una chiave conficcata in una serratura, produce un cortocircuito poetico e surreale. L’artista agisce sugli oggetti con processi di trasformazione, interventi minimi ma dirompenti, in grado di disinnescare le funzioni abituali delle cose e restituirle come dispositivi aperti di senso, carichi di ambiguità e risonanze emotive.
Love (Whale) (2023) di Cecilia Granara si dispiega in un registro contrastante di abbondanza, sensualità e saturazione cromatica e si sviluppa con tinte audaci e gesti espansivi che sembrano irradiare calore ed energia. Le tele dell’artista fanno spesso riferimento alla mitologia, alla spiritualità e al rituale, intrecciati a frammenti autobiografici e incontri quotidiani. L’opera fa parte di una serie di dipinti di persone innamorate che si abbracciano all’interno di balene felici di precipitare insieme nel mare, come se fossero state inghiottite in un mito biblico.

Il lavoro di Giuliana Rosso ruota attorno a fasi di transizione, in particolare la zona liminale tra adolescenza e età adulta. Il soggetto del lavoro prescelto, L’estensione dell’alba (2022), incarna l’intensità brutale dell’angoscia adolescenziale: momenti di goffaggine, noia e leggerezza. Con linee delicate, tonalità smorzate e una sensibilità per l’atmosfera, le sue figure appaiono come incise sulla superficie della tela con una sorta di insistente tremore, testimoni di vite interiori che ci ricordano che l’adolescenza non è solo una fase fugace ma uno stato mentale ricorrente.
Il lavoro su tela di Landon Metz sembra non tanto dipinto quanto evocato: forme morbide, liquide, simmetriche, che affiorano per immersione, lasciando che il colore venga assorbito nel tessuto in modo organico, quasi rituale. Untitled (2024) presenta un linguaggio visivo ridotto all’essenziale, ma mai minimalista in senso dogmatico. Ogni elemento è frutto di un equilibrio tra intenzione e accadimento. La ripetizione e la pittura multipannello, così centrale nel suo vocabolario, non sono mai meccaniche ma piuttosto un invito alla contemplazione, al rallentamento, alla percezione del tempo come esperienza dilatata. La composizione si costruisce attraverso la reiterazione modulare di un gesto, come una partitura in cui il tempo si dilata e si frammenta.


Valerio Nicolai porta all’estremo il paradosso della pittura mimetica e del suo potere di travestimento. Ritorneremo (trovata di portafogli) (2025) mostra una costellazione di tele piegate in forma di portafogli ritrovati. La pittura si riduce qui a oggetto d’uso, simulacro del valore economico e del mercato che governa l’arte stessa. L’opera diventa allegoria pungente di una produzione artistica trasformata in merce, in feticcio di consumo, pur mantenendo il fragile potere di evocare storie e vite vissute.
Il percorso di Viola Leddi mira a riformulare i codici della rappresentazione. In quest’opera, Senza titolo (2025), che richiama una lettera d’amore adolescenziale l’artista parte dal rigore cartesiano di un foglio a quadretti per trasformarlo in una griglia fragile, attraversata da simboli, scritte cancellate, una rosa e una falena. Il sistema ordinato della griglia si incrina con l’imprevedibilità emotiva e biologica e la pittura diventa terreno di conflitto tra ordine e caos.
