Besana – Carcere a vita per tutti. Per Gentjan Belegu, l’albanese che un ergastolo l’ha già rimediato per l’omicidio di un povero tassista di Chieti, per il suo amico e connazionale Ilir Hyka e per Pierangelo Villa, 50 anni, casa a Besana in Brianza. Con tre richieste di ergastolo il pubblico ministero di Como Luca Masini ha chiuso ieri, lunedì, la requisitoria che apre la fase finale del processo per la morte di Angelina Enrica Panzeri, 85 anni, strangolata con il cavo di una battitappeto nella sua casa di Rogeno, in provincia di Lecco, in una notte di pioggia torrenziale tra il 2 e il 3 maggio 2007. Masini, che ha chiesto otto anni anche per Violeta Kokoshi, sorellastra di Hyka nonché presunta basista del trio, ha ventilato per la prima volta dall’avvio del dibattimento la possibilità che la morte dell’anziana sia stata addirittura più violenta di quanto ipotizzato finora. Non fu lei a svegliarsi a causa dei rumori provocati dai tre, che rovistavano tra le sue cose in cerca di denaro.
Una morte brutale – Per il pm è plausibile che siano stati proprio Belegu e gli altri due a tirarla giù dal letto dopo avere cercato inutilmente denaro che non trovavano e della cui presenza erano certi, visto che credevano a quello che era stato loro riferito dalla Kokoshi, badante di una amica della vittima. La svegliarono, la picchiarono (l’autopsia ha dato conto di ecchimosi ed ematomi compatibili con questa ricostruzione), infine la strangolarono con un cavo troppo "morbido" per poter cagionare una morte veloce, inferiore ai tre, quattro minuti che la povera donna impiegò per smettere di respirare. Fu, insomma, tutto meno che un delitto d’impeto, fu una morte cercata con determinazione e spietatezza, fu un omicidio che merita, ha detto Masini, di essere punito con il massimo della pena, invocata ieri davanti a imputati rimasti impassibili anche quando il magistrato ha scandito le quattro sillabe che compongono la parola ergastolo.
"Basista" da condannare – Non meno tenero è stato il pm nei confronti della Kokoshi. Fu lei a indicare la vittima, ha detto, lei a indicare la sua disponibilità di denaro contante, lei a guidare il fratellastro e i suoi amici in quella casa avendo piena consapevolezza delle inclinazioni di Hyka, che non fece peraltro mistero delle sue intenzioni. Prima di entrare in azione tempestò Violeta di domande: le chiese se davvero l’anziana signora vivesse e dormisse sola, chiese dove nascondesse i soldi, chiese, soprattutto, quanti fossero. Il processo è stato aggiornato a oggi. Toccherà alle difese, dopo che anche la parte civile – l’avvocato lecchese Maria Grazia Corti – si è associata alla richieste di condanna. La sentenza è attesa entro la fine del mese, probabilmente per il 29 giugno.