Seveso – Non ha impedito, pur essendone a conoscenza, la relazione tra la figlia, di soli 14 anni, e un uomo più vecchio di vent’anni. Per questo, una donna di Seveso di 40 anni, è stata condannata dal tribunale di Monza alla pena di tre anni di reclusione. La sentenza è stata pronunciata martedì dal collegio giudicante. Oltre alla sentenza di condanna nei confronti della madre dell’adolescente, i giudici hanno emesso verdetto di colpevolezza anche ai danni dell’ex “fidanzato” della figlia, un cittadino rumeno, immigrato in Brianza, sposato con famiglia, anche se moglie e figli sono rimasti a vivere nel paese d’origine.
Per quest’ultimo, il collegio di giudici brianzoli ha pronunciato la pena di otto anni di reclusione, con la grave accusa di violenza sessuale, aggravata dall’aver commesso il fatto ai danni di un minore. I fatti risalgono all’estate del 2003, quando la ragazzina, allora quattordicenne, si era invaghita del rumeno, suo vicino di casa di 34 anni, con il quale aveva avuto un flirt, durato tutta l’estate. Una cosa normale per una ragazzina di 14 anni, se diretta verso un suo coetaneo, e non ad un uomo di quasi 35 anni.
La cosa non era sfuggita ai servizi sociali del comune, che avevano segnalato il fatto alla magistratura. Nel corso degli accertamenti effettuati dagli assistenti sociali, era emerso che la ragazza aveva un legame molto stretto con la madre, con la quale era solita confidarsi a parole, o scrivendole delle lettere. Non solo, è emerso anche che la madre accompagnava la figliola a casa del vicino, consapevole che avrebbe avuto incontri di natura sessuale con quest’ultimo. In una occasione, secondo quanto ricostruito nell’accusa, li avrebbe anche visti baciarsi appassionatamente.
Anche la madre, dunque, è finita sotto inchiesta e poi alla sbarra perché, secondo quanto sostenuto dalle tesi accusatorie, non poteva non sapere della relazione in atto. Per questo è stata dunque imputata di aver concorso nella violenza sessuale. Pur essendo la ragazzina consenziente, infatti, trattandosi di giovane che non aveva ancora raggiunto i 16 anni di età, il fatto integra di per sé il reato di violenza, rientrando nell’articolo 609 bis del codice penale.
Questa settimana, da palazzo di giustizia, è arrivata la sentenza da parte del collegio brianzolo, presieduto dal giudice Giuseppe Airò, che ha accolto le richieste avanzate dal pubblico ministero Vincenzo Nicolini. Il processo, per ovvia tutela di riservatezza della ragazza parte offesa, oggi maggiorenne, si è celebrato rigorosamente a porte chiuse.
f. ber.