Giussano – È uscito dall’aula sorridente, contento perché sarebbe uscito «tra poco». Una frase agghiacciante. Otto anni di reclusione per Pietro Luca Dambrosio, 28 anni di Cologno Monzese, precedenti per traffico internazionale di stupefacenti, condannato per tentato omicidio. Aveva sparato a un ragazzo di 22 anni di Birone, riducendolo sulla sedie a rotelle per tutta la vita. Il pubblico ministero Flaminio Forieri ne aveva chiesti dieci. Il processo si è celebrato questa mattina davanti al gup del tribunale di Monza Alfredo De Lillo. Dambrosio e gli altri due imputati, Gianluca Panetta, 21 anni, incensurato di Nova Milanese, e Cosimo Castello, 37 anni di Cologno Monzese, condannati a cinque anni di reclusione ciascuno, si sono avvalsi del rito abbreviato che concede lo sconto di un terzo della pena. Per Castello, pregiudicato per gravi reati, il pm aveva chiesto nove anni.
Spari nella notte – Il fatto di sangue risale allo scorso 12 novembre alle 2 del mattino, in via Catalani a Birone. Damborsio, l’uomo che ha premuto il grilletto, ha sparato quattro colpi d’arma da fuoco all’indirizzo di Francesco Cioffi, ferendolo sotto un’ascella. Un proiettile ha toccato la spina dorsale fuoriuscendo dalla schiena. Nonostante tre interventi chirurgici, il giovane non ha ripreso l’uso delle gambe. Il gup ha stabilito un risarcimento provvisionale a suo favore di 15mila euro. Il movente dell’agguato, avvenuto sotto casa del giovane, che era andato a convivere a Giussano con la fidanzata, era un credito di 750 euro che Damborsio vantava nei confronti di Cioffi. Non è mai emerso di che tipo di debito si trattasse. Il pm ha ipotizzato si trattasse di una questione di droga. Come “punizione” per il mancato pagamento, dunque, Dambrosio ha organizzato la spedizione punitiva, a cui hanno preso parte anche gli altri due imputati. Questi ultimi hanno negato l’accusa, cercando di scaricare la responsabilità sull’autore dello sparo.
La fuga e la cattura – Il pm ha riconosciuto che in Panetta e Castello non c’era la volontà omicida, ma ha comunque chiesto la condanna perché erano consapevoli che Dambrosio era armato, accettando dunque il rischio che il gesto sfociasse in un possibile omicidio. Dopo il fatto, Dambrosio, che ha precedenti per reati legati al traffico di stupefacenti, aveva fatto perdere le sue tracce per qualche giorno, ma i carabinieri di Seregno lo avevano individuato a Milano, pedinando il padre. Il trio era solito trovarsi in un bar di Nova Milanese, città d’origine anche della vittima dell’agguato.
Federico Berni