D’Alessio: «Per l’edilizia dell’Expo,siamo sotto i limiti contrattuali»

D’Alessio: «Per l’edilizia dell’Expo,siamo sotto i limiti contrattuali»

Monza – Si occupano di edilizia, consumo, cultura, ma sono anche cooperative sociali o di lavoro. L’11 marzo, nel pomeriggio, terranno la loro assemblea nella sede della Camera di commercio. Lì si riuniranno, infatti, le cooperative di Confcooperative. Nell’organizzazione interna sono ancora riunite in una sezione interprovinciale con Milano e Lodi, ma in questo caso l’incontro riguarda solo i sodalizi brianzoli. Ne parliamo con Roberto D’Alessio, vicepresidente di Confcooperative Milano, Lodi, Monza, con delega per la Brianza.
Quanto è estesa la presenza della cooperazione in Brianza e quanto pesa sull’economia locale?
Confcooperative è un sindacato libero di imprese cooperative libere: la democrazia interna è il nostro primo valore. In Brianza sono oltre 600 le imprese cooperative iscritte alla Camera di commercio. Di queste il 40 oer cento sono associate a organizzazioni di rappresentanza. Confcooperative, con 200 associati, è la maggiore organizzazione, con un fatturato complessivo delle imprese associate di oltre 576 milioni di euro. Le nostre coop, nonostante la crisi, dimostrano grande vitalità con idee chiare su come sviluppare la loro presenza, chiedendo una gestione pubblica efficiente e rigorosa, la lotta alla cooperazione spuria, il rispetto della legalità nel mercato del lavoro, il sostegno all’innovazione nel mercato sociale e dell’abitare, il potenziamento dell’impresa sociale e delle reti d’impesa
Uno dei problemi delle imprese in generale è quello dell’accesso al credito:quanto pesa questo discorso per le cooperative?
Anche per noi è un discorso molto sentito, soprattutto per le microcooperative. Oggi le banche per valutarti usano un metodo standardizzato. Il criterio di scelta sono i dati strutturali, C’è poco margine per investire sulla reputazione della persona, sulla storia territoriale dell’impresa. Anche nel mondo delle banche, però, ci sono esperienze diverse, come Banca prossima e le Banche di credito cooperativo che si rapportano in modo attento alle persone e al territorio.
Altro punto dolente sono i ritardi nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni: quanto incidono sulla vostra attività?
I pagamenti ritardano tra i 120 e i 240 giorni. Ci sono coop per le quali interessi passivi dovuti ai mancati pagamenti sono sostanziosi, alcune che hanno dovuto chiudere perchè non venivano saldate in tempi ragionevoli. L’Asl di Monza, ad esempio, è virtuosa per quanto riguarda gli acconti, in relazione ai quali il tempo medio è 30 giorni, meno sui saldi, dove si arriva a 180 giorni. L’Asl Milano arriva a 400 giorni. Le nostre coop, comunque, in un momento di crisi svolgono una funzione sociale importantissima. Non ci sono licenziamenti, il ricorso alla cassa integrazione è di gran lunga inferiore alle altre imprese, si fa occupazione femminile.
Da tempo c’è un problema di concorrenza sleale da parte di coooperative di comodo o che applicano condizioni salariali e di lavoro fuori dalle regole. Cosa si può fare per riportarle nell’alveo della legalità?
Mancano controlli, la direzione del lavoro non ha ispettori sufficienti per controllare i requisiti delle coop che non fanno riferimento ad associazioni di rappresentanza come la nostra. Ci sono nostre cooperative che hanno dovuto rinunciare ad appalti di enti pubblici palesemente sotto i limiti del contratto nazionale di lavoro. Qui c’è una doppia irresponsabilità: di chi fa la gara, e quindi degli enti pubblici, e di chi dichiara ciò che non potrà mantenere. Per l’edilizia dell’Expo mi dicono che siamo sotto i limiti contrattuali. Una coop può entrarci solo se ci perde o se sfrutta i lavoratori. C’è bisogno di una economia che non sia di rapina, di un libero mercato fatto di soggetti con vincoli di responsabilità sociale. Non ci vuole più Stato, ma più privato non capitalista.
Paolo Rossetti