La provocazione è arte anticaMax Papeschi alla Leo galleries

Mickey Mouse nazista e acido, la Coca cola che bombarda, le icone pop del Novecento trasformate in sberleffi. Alla galleria di via De Gradi a Monza i lavori di uno degli artisti più provocatori del panorama italiano. È “Exit fron Heaven”, un'antologica degli ultimi tre anni.
La provocazione è arte anticaMax Papeschi alla Leo galleries

Monza – Il fiocco rosso tra le orecchie rotonde e nere è rimasto. E anche il vestitino a pois bianchi è quello di sempre. Ma la rassicurante immagine della topolina più famosa al mondo finisce qui. La Minnie che sorride al suo Mickey Mouse è travolta dall’irriverenza di Max Papeschi, che proprio ai topi della Disney deve il suo successo. Era il 2009 quando uno sconosciuto artista italiano propose al pubblico di Potsdam un manifesto di otto metri per otto: la svastica nazista a fare da sfondo su un telo verde al corpo nudo di una donna sdraiata con la faccia sorridente di Topolino.

Fu subito scandalo. E lì, in quella piazza, nacque l’artista Papeschi. «Da allora Topolino mi è rimasto appiccicato addosso, io fui subito indicato come «quello dei cartoni animati». Con quel manifesto riuscii a irritare i gruppi neonazisti e anche le comunità ebraiche, ma di me parlò tutto il mondo», racconta Papeschi.

Oggi l’irriverenza scorretta e iconoclasta dell’artista arriva a Monza alla Leo galleries di via De Gradi, con “Exit fron Heaven”, un’antologica che ripercorre i lavori degli ultimi tre anni. Filo rosso dell’intera produzione è il gusto urlato della provocazione che non risparmia nessuno: dalle griffe alle religioni, dalle multinazionali alle mode. E allora nel mirino di Papeschi sono finiti il clown di Mc- Donald’s e la gattina di Hello Kitty, la Coca Cola e Chanel. E poi la Walt Disney e i Muppet, Duffy Duck della banda della Warner Brothers e i Simpson. «Max Papeschi è un laboratorio di creatività vivente – scrive Igor Zanti, curatore della mostra -. Non fa niente altro che essere un po’ cattivo in un mondo che, formalmente, rifiuta la cattiveria e premia l’ipocrisia. È un giullare, e ogni epoca ha bisogno dei suoi giullari».

Immagini stralunate e divertenti, colorate e quasi sciatte, collage realizzati per colpire e provocare, distruggere e indispettire. E allora non possono non provocare un senso di disturbo la maschera della rana Kermit incollata sul volto del soldato colpito a morte nel più celebre degli scatti di Frank Capa, o ancora tutta la banda Disney al completo, Cip e Ciop compresi, davanti all’Enola Gay, o il fantasma dei Ghostbuster sullo sfondo del D – day. Le favole, anche quelle più irriverenti, terminano però, perché la provocazione ha bisogno di nuovi stimoli e diversi bersagli. E allora anche Topolino e compagni stanno per lasciare le tele di Papeschi, che indirizzerà la sua pungente ironia verso nuovi progetti, per il momento ancora segreti. Ma non poteva certo rinunciare lui, cultore del «precetto estetizzante» che porta l’artista a «trasformare la propria vita in un’opera d’arte» – come spiega Zanti – a una teatrale uscita di scena della banda Disney. Ecco allora l’idea.

Dopo l’incontro piccante con Minnie Mouse (quando la topolina era ancora ufficialmente fidanzata con Topolino), ripreso da un’indiscreta telecamera e caricato in Rete, l’unico modo per riabilitarla era un matrimonio “riparatore”. Cerimonia che si è svolta nello scenario di Villa Buttafava, a Desio, alla presenza di amici e testimoni. Una festa di nozze, con i confetti e il taglio della torta, che ha anticipato la personale aperta alla Leo galleries in questi giorni. Alla maniera eccessiva di Papeschi, ovviamente.
Sarah Valtolina