Carate – In cuor suo sapeva da dodici anni di aver ragione, ma tanto ha dovuto attendere perché anche la giustizia si schierasse dalla sua parte. Altro che vaccini. Ma quale stress. E’ stato l’uranio impoverito a portargli via il suo Andrea, quando aveva solo ventisei anni ed era rientrato da pochi mesi da una missione a Sarajevo.
E’ grande la commozione di papà Salvatore Antonaci per la sentenza emessa dal Tribunale civile di Roma nei giorni scorsi: Andrea, il sergente Andrea Antonaci, nato e cresciuto a Martano, in provincia di Lecce, morì in un ospedale di Firenze il 12 dicembre 2000. Le sue ultime volontà, consegnate alla famiglia, furono che la verità sulle morti repentine e violente di soldati come lui, in missione nei Balcani, venisse alla luce.
Andrea, diplomato geometra, era stato in Bosnia dal 31 dicembre 1998 al 4 marzo dell’anno dopo, per una missione di ricostruzione della città di Sarajevo dopo la guerra. Papà Salvatore, 69 anni tra un mese, pensionato, da anni fa la spola tra la sua Martano e Carate Brianza, dove abitano anche la figlia Simonetta e nipotini. Raggiunto con una telefonata mentre è a Lecce, commenta: «Andrea aveva ragione. Il merito è tutto suo: è sua la vittoria. E io lo ringrazio perchè mi è sempre stato vicino in questi anni di battaglie e di notti insonni sui treni delle lunghe trasferte per andare a Roma per le udienze e per gridare in ogni sede che ad ucciderlo era stato l’uranio impoverito. Anche se sono passati dodici anni, la ferita non si rimargina, e mai si rimarginerà».
Con quella di Andrea sono in tutto undici le sentenze che danno ragione alle famiglie dei militari morti. Il ministero è stato condannato a risarcire la famiglia di Andrea, anche se papà Salvatore, che ricorda ogni giorno del calvario del figlio, durato un anno e mezzo, dice: «Nessuna cifra me lo potrà mai restituire».
a. br.