Due cd, una sola band. Due band, un solo cd. Insomma, è questione di punti di vista nella vita e anche nella musica a quanto pare. Perché a cantare sono sempre gli stessi, ma con un altro nome. A suonare è sempre lo stesso cd, solo con qualche aggiunta. Tutta colpa degli americani. Ma questa è una storia fatta di passione per la musica, coincidenze e un pizzico di buona sorte. C’erano una volta i genovesi Gandhi’s Gunn, quattro giovani amanti dell’hard stoner, che pubblicano il loro ultimo disco nel 2012, intitolandolo “The Longer The Beard The Harder The Sound” (Taxi Driver Record).
Ma poi ci si mette di mezzo la Small Stone e uno Scott Hamilton che li ha voluti sotto la sua etichetta al fianco di personalità come Acid King, Los Natas, Sons of Otis e Solace. E allora via a cambiare il nome della band. E così nascono gli Isaak. Quattro trentenni con un disco dalle potenzialità incredibili. Questa, la scusa per organizzare un aperitivo sabato scorso al Solo Birra di via Bergamo solo per il gusto di conoscersi e stringersi la mano. All’ingresso Giacomo Boeddu, un cantante con la passione del racconto, Francesco Raimondi, il chitarrista i cui gusti musicali si apprezzano dalla maglietta che indossa, Massimo Perasso, il bassista la cui barba ha dato ispirazione al disco stesso, e Andrea Tabbi De Bernardi, il batterista trattenuto a Verona da un lavoro che il resto del gruppo sembra non deplorare.
E mentre le chiacchiere scorrono, in sottofondo le note di “The Longer The Beard The Harder The Sound”: attira l’ascoltatore con le due cover (Fearless dei Pink Floyd e Wrathchild degli Iron Maiden), lo conquista con l’irruenza di Under Siege, Breaking Balance e Rest of the Sun, lo ipnotizza con la ballata Flood e lo fa innamorare con Hypothesis o meglio con il sitar che suona in quel pezzo. Il tutto confezionato in una grafica, realizzata da Solo Macello, che fa respirare un’aria mediterranea. Impossibile non continuare ad ascoltarlo in macchina.
Soprattutto dopo il live di lunedì scorso al Circolo Magnolia di Segrate, dove hanno aperto il concerto degli Orange Goblin: «Suonare accanto ai tuoi idoli quali sono gli Orange Goblin per me – racconta il cantante – è un’esperienza adrenalinica. E fa il paio con quella volta che al Festival di Palestrina due ragazzini ci hanno raggiunto nel backstage per avere le bacchette del nostro batterista». Quando l’umiltà fa il successo. E tutto questo, prestando l’orecchio anche alla scorsa produzione degli Isaak, “Thirty Yeahs” (sì, è perché sono trenta gli “yeah” pronunciati in tutto il disco), e aspettando la prossima, in programma per il 2014. Ingannando il tempo, seguendoli in tour, in programma per l’autunno tra Francia e Spagna.