L’autodromo di Monza ai tempi dell’Urss e le sfide mancate in 500 Miglia

L’autodromo di Monza ai tempi dell’Urss e le sfide mancate in 500 Miglia. Ovvero gli approcci tra l’automobilismo europeo e americano, con in mezzo i protagonisti del blocco sovietico. E quelle occasioni di fine anni Cinquanta.
L’autodromo oggi: qui subito dopo la vittoria di Rosberg
L’autodromo oggi: qui subito dopo la vittoria di Rosberg

Proletari di tutto il mondo unitevi: la grande madre Russia sposa la tragica utopia comunista. Tutte le classi sociali sono abolite a prezzo d’immani sconquassi. Il nuovo ordine privilegia la collettività a discapito della iniziativa privata, bollata – di suo – come reazionaria e retrograda. In realtà, i faraonici piani per ammodernare le strutture economiche del nuovo ordine sovietico sbattono sul ritardo clamoroso tecnologico dello stesso.
Vinta la Seconda guerra mondiale grazie a sacrifici indicibili, le autorità dell’Urss tentano di copiare e sfruttare le sofisticatissime tecnologiche dei tedeschi pur mo’ umiliati. I risultati sono inversamente proporzionali delle aspettative di partenza. Se, nel 1948, la “Zvezda 1” – pilotata da Andrej Ponizovkin – aggiunge l’imbarazzante velocità massima di 160 Km/h, la più sconcertante realizzazione dell’industria sovietica è, nel 1954, la Gaz progettata dal professor Smolin. Il prototipo, in pratica, è un Mig-17 privo delle ali e capace – in teoria – di sprigionare 2700 cavalli: l’ideale per battere il record mondiale di velocità detenuto dall’inglese Donald Campbell con 694 Km/h. Alla prova dei fatti, la Gaz a reazione è destinata a deludere: al volante di M. A. Metelev, il jet mascherato da automobile non va oltre i 300 Km/h.

Nei primi giorni del 1958 un clamoroso annuncio mette a soqquadro il mondo delle corse europee e americane: “Nella prima riunione del comitato organizzatore della “500 miglia di Monza”, sono stati affrontati i problemi generali e sono state prese le prime importanti deliberazioni. Anzitutto la manifestazione, come già annunciato, si svolgerà il 29 giugno e il programma e il regolamento saranno gli stessi dello scorso anno, salvo lievi modifiche suggerite dall’esperienza della prima edizione (…) Né è da escludersi che alla competizione monzese possa partecipare, per la prima volta in gare internazionali, l’automobilismo sportivo russo. È infatti giunta una lettera, alla direzione dell’autodromo di Monza, in cui le autorità russe sportive esprimono il proprio desiderio di concorrere alla “500 Miglia”. Ennesima bufala o guanto di sfida finalmente accettato?

Giovedì 12 febbraio il Cittadino smorza l’entusiasmo per il possibile confronto tra piloti sovietici e colleghi occidentali: “A rettifica di notizie inesatte diffuse circa la possibile partecipazione di piloti russi alle gare che si svolgeranno quest’anno all’autodromo di Monza, la direzione dell’Automobile Club Milano precisa quanto segue: “All’inizio di ciascuna stagione sportiva, la direzione dell’autodromo di Monza ha inviato il calendario delle proprie gare alle autorità preposte alle manifestazioni sportive automobilistiche e motociclistiche dell’U.R.S.S. (dal 1956 organizzate nel Central Auto-Motor Club), invitando ufficialmente i piloti sovietici a partecipare con le loro vetture alle corse in programma. Le autorità sportive sovietiche hanno sempre risposto declinando l’invito, pur prospettando possibili partecipazioni in un prossimo futuro. In occasione della 500 Miglia di Monza del 1957, a seguito di specifica richiesta, il vice-presidente del Comitato del Central Auto-Motor Club Mesckowsky, faceva la seguente precisazione: “Secondo il nostro calendario sportivo, in questo periodo sono previste gare automobilistiche in cui saranno necessariamente impegnati gran parte dei corridori che dovrebbero essere assegnati per la gara di Monza” e concludeva la propria risposta che l’augurio di un possibile incontro fra i piloti sovietici e i piloti italiani nel 1958.

Per la stagione in corso la direzione dell’autodromo di Monza ha rinnovato l’invito con un richiamo alla sia pur vaga promessa espressa dal vice-presidente Mesckowsky. In esso veniva inoltre precisato: a) che le manifestazioni automobilistiche e motociclistiche che avranno luogo all’autodromo di Monza, dato il numero rilevante e la varietà delle formule, offrono alla partecipazione sovietica un vasto campo di scelta; b) che sono previste manifestazioni di cui non è ancora stata stabilita la formula e che perciò potrebbero venire organizzate tenendo presenti eventuali loro proposte”. L’invito alla direzione dell’autodromo di Monza è stato inviato in data recente. Non è pervenuta perciò ancora alcuna risposta da parte dell’ente sovietico”.

Giovedì 12 aprile, però, si riparla “della partecipazione di macchine e piloti sovietici alla grande corsa monzese. Domenica (8 aprile, ndr) infatti, in occasione della disputa all’Autodromo del trofeo Schell per vetture sport, sono giunti quattro corrispondenti russi: Gladischikov dell’”Isvetia”, Ermakov della “Pravda”, Petrov della Radio-TV dell’URSS e Nivikov dell’Agenzia Tass. La loro presenza va intesa come il primo interessamento ufficiale dei russi alla pista più veloce del Mondo e, di conseguenza, alla “500 Miglia”, la competizione cioè che per la prima volta vedrà in lizza le migliori forze dell’automobilismo europeo e americano”.

Ma devono passare sette lunghi anni perché la profetica intuizione sia raccolta e rilanciata: “Per la prima volta nel mondo, piloti sovietici affronteranno su macchine da corsa di fabbricazione tedesco orientale gli agguerriti ed esperti uomini e congegni italiani. Il confronto si svolge oggi sull’anello della pista junior di Monza, con un programma tra i più interessanti”, attacca l’articolo dell’Unità di domenica 26 settembre 1965.

Lunedì 26 settembre, la stessa Unità titola a quattro colonne: “Sfortunata la prova/dei piloti sovietici”. Il sottotitolo è tutto un programma: “Scontata la vittoria degli italiani – I difetti delle auto sovietiche – Il significato della prima comparsa delle vetture dell’URSS”. Il cronista analizza pro domo sua la sconcertante débacles dell’industria sportiva made in URSS: “Il 1° trofeo Italia URSS, organizzato dall’ACI Milano nel quadro degli incontri automobilistici internazionali, è stato vinto dagli italiani (come, d’altronde, era nelle previsioni) con Enrico Pinto su “Alfa Romeo Giulia GT”, nella corsa a slalom per vetture turismo con Tarquinio Provini, su Benelli 250, per la competizione motoristica, e con Luigi Malanca su “Wainer”, seguito da Mandolini, “Tiger”, Baghetti, Babbini, per la formula 3”. Le equipes sovietiche sono scese in campo con vetture e moto di resa assai inferiore tanto che fin dai primi giri di ciascuna gara si sono visti gli italiani balzare al comando della corsa e mantenere con sicurezza le migliori posizioni. Il pubblico, pur accorso numeroso all’autodromo, non era quell delle giornate di passione, ma, in gran parte, ciò si deve al tempo pessimo che ha accompagnato le manifestazioni del mattino. Per tutta la notte era piovuto a torrenti, e anche nella mattinata la corsa a slalom per vetture turismo si era svolta sotto la pioggia e un forte vento. Il sole è apparso soltanto alle 14, nel momento in cui entravano in pista le motociclette. Il primo dei sovietici, piazzatasi al mattino, è Vladimir Rubnov, su “Moskvitch 1360”, al quarto posto, dopo Pinto, Bussinello e Pianta. Al quinto posto Mario De Villa, e quindi Livshitz, Temshev e Mosoloe per la URSS, il primo su “Volga M 21”. I concorrenti italiani hanno gareggiato con “Alfa Giulia GT” e “Lancia Flavia 1800”. Nella gara motociclistica, il campionissimo Provini non ha dato tregua agli avversari, anche dei suoi stessi colori, battendo Grassettu su “Bianchi 350”, Mandolini su “Guzzi 500” come i sovietici Youdin su “ZKB”, Kijsa su “Vostok” e ancora Randla e Boris Ivanov su “ZKB”.

L’attesissimo confronto del pomeriggio, con la formula 3, non poteva avere altro epilogo da quella registratosi. Le “Melkus Wartburg” sono vetture a due tempi, ottimamente scatolate, con sospensioni tuttavia troppo ancora rigide, e con difetti di automatismo decisivi in circuito a curve, con scarsi e poco lunghi rettilinei. I piloti sovietici, infatti, debbono staccare ad almeno 150 metri dall’inizio di una curva, “volando” in folle fino al limite della deviazione, e pigiando su freni a tamburo, assai meno efficaci di quelli a disco in dotazione alle vetture italiane. Il tempo perduto risulta quindi irrecuperabile. Nella prima prova di formula 3, il sovietico Georg Surgutchev, il più abile senza dubbio dell’equipe dell’URSS, ha cercato di tnere validamente testa alla batteria italiana, composta da Babbini, Malanca, “Tiger”, Baghetti e Manfredini, e non è stato doppiato, come tutti gli altri concorrenti sovietici, solo perché ha “forzato” al massimo. Le cinque monoposto italiane hanno vittoriosamente concluso i 25 giri del circuito junior (km. 2,350) quasi affiancate, mentre a distanza di un giro, sopraggiungeva Surgutchev, e via via Ptichkin, Andreev. Due vetture sovietiche si era ritirate, quelle di Victor Lapin e Ants Seiler.

“L’importanza – ci diceva, dopo la gara, un dirigente dell’ACI – non è organizzare incontri sportivi per il risultato, ma per un migliore e sempre più stretto legame tra i campioni di tutto il mondo”. La prima comparsa di piloti sovietici sugli autodromi occidentali avrà comunque un seguito, e le esperienze che gli stessi hanno vissuto a Monza, serviranno senza dubbio a perfezionare i mezzi meccanici e le dotazioni tecniche sì da giungere un giorno a gareggiare – da pari a pari – con piloti e macchine delle nostre scuderie”. Campa cavallo. Per la cronaca: il primo russo ad approdare in Formula 1 sarà, nel 2010, Vitalij Petrov.