Gp d’Italia, la prima Monza senza Morosini: l’aneddoto della cena con Piquet

Una vita da inviato al Corriere, negli ultimi tre anni commentatore per “il Cittadino” e ilcittadinomb.it. Ercole Colombo: «Era una luce, amico e professionista». Allievi: «Quanti aneddoti con Nestore. Come a a Montreal»
Nestore Morosini
Nestore Morosini

Nella Formula 1 che va di corsa, la storia è la scia che indica la direzione. E da 40 anni a questa parte, quello di domani sarà il primo Gran premio senza Nestore Morosini. Una vita al Corriere della Sera, come responsabile della sezione motori, inviato per la Formula 1 e responsabile dell’inserto Corriere motori. Per tre anni, preziosissimo commentatore per “il Cittadino” e ilcittadinomb.it di quel mondo che è stato il suo mondo grazie anche alla rubrica #Morosininpista. Scomparso lo scorso novembre per alcune complicanze legate al Covid, nei giorni in cui ha perso la sua battaglia Morosini sarebbe dovuto essere premiato dall’Ordine dei giornalisti per i 50 anni di carriera. «Manca una luce», dice oggi Ercole Colombo, il primo tra i fotografi della Formula 1 e grande amico di Nestore. «Era una bellissima persona. Ci scontravamo bonariamente sul calcio, interista lui e juventino io, ma sempre con rispetto. Abbiamo spesso fatto le vacanze insieme, era una persona bella, sincera, oltre che un grande intenditore di Formula 1. Aveva buonissimi rapporti con Enzo Ferrari, si intendeva di basket e di calcio. Ci manca tanto, lo ricordo tutti i giorni». «È stato uno dei più grandi giornalisti di sport che abbia mai avuto il Corriere», gli fa eco Pino Allievi, numero uno del giornalismo della Formula 1 e storico riferimento de La Gazzetta dello Sport. «Aveva cultura e visione di sport, oltre che un grande senso della notizia. E sapeva scrivere: era un giornalista di grandissimo livello». Conseguenza e ragione al tempo stesso della persona che era: «Nel privato era da manicomio, uno scappato con la Legge Basaglia», sorride Allievi. «Alcuni dei più divertenti ricordi della mia vita hanno a che fare con lui. Eravamo professionalmente rivali, sempre in guerra per le notizie: ma alla sera bevevamo insieme. Potrei scrivere un libro sugli aneddoti che mi legano a Nestore. Come quello che abbiamo vissuto a Montreal, dove andammo a cena da un ristoratore originario di Mondovì, ospiti di Nelson Piquet. Nestore, che pativa il fuso orario, arrivò stanco e per ultimo alla cena, anche perché aveva dovuto lavorare molto. Era stravolto. Ordinò del prosciutto di antipasto, poi dei taglierini con tartufo nero, e mangiò come un razzo. A un certo punto, si addormentò sulla sedia, mentre noi continuavamo a mangiare. Dopo un po’, quando si svegliò, Piquet gli disse: “Ora dobbiamo ordinare il primo”. E Nestore prese di nuovo quel che aveva appena mangiato. Cenò due volte, poi Piquet scoppio a ridere: “Hai mangiato due volte, ma sei mio ospite”. Finimmo la cena tra le risate. Con Nestore era sempre così».