#Morosininpista: il ricordo di Gilles Villeneuve a 37 anni dalla morte

L’8 maggio di trentasette anni fa, sulla pista belga di Zolder, scompariva il pilota più amato dagli italiani: Gilles Villeneuve. Il ricordo del giornalista Nestore Morosini.
Villeneuve su Ferrari
Villeneuve su Ferrari

L’8 maggio di trentasette anni fa, sulla pista belga di Zolder, scompariva il pilota più amato dagli italiani: Gilles Villeneuve, morto in seguito ad un tragico incidente avvenuto durante le qualifiche per il gran premio del Belgio di Formula 1 del 1982. Dopo tanti anni, lo voglio ricordare con due episodi dal mio ultimo libro.

Il capolavoro di Spagna

Nella primavera 1981, Gilles Villeneuve vinse il GP di Montecarlo che fu la prima avvisaglia di quella che avrebbe potuto essere una fulgida carriera. Ma fu il GP di Spagna che rappresentò il suo capolavoro, la gara che farà entusiasmare il Drake inducendolo a espressioni inedite. La pista di Jarama, nei pressi di Madrid, è tradizionalmente, ostica alle Ferrari, Lauda ci aveva vinto, nel 1974, per una serie di circostanze fortunate. Anche nell’edizione 1981, disputata il 21 giugno, le Ferrari non paiono poter impensierire le agili wing-car degli avversari, più leggere di 50-60 chili. Ma è una di quelle giornate in cui, nell’aria, si sente qualcosa di speciale, di grande. Specialista ormai delle partenze veloci, consentitegli dalla enorme potenza del turbo, Villeneuve dalla quarta fila si trova proiettato in terza posizione, dietro alle Williams di Jones e Reutemann. Villeneuve è scatenato, supera Reutemann alla staccata dei box e s’installa al secondo posto anche se Jones sembra imprendibile. L’australiano, però getta al vento ii probabile successo commettendo un errore grossolano: esce di pista riesce a riprendere la corsa ma ormai è eliminato dalla lotta per la vittoria.

Gilles è in testa e comincia il suo capolavoro. Reutemann è alle sue spalle, Watson è a 6”, Laffite a 7”31, De Angelis a 17”. La Williams non riesce a superare la Ferrari, soprattutto perché Gilles con staccate mozzafiato, dissuade Reutemann da ogni tentativo. Carlos non ha il coraggio di attaccare Gilles, teme di incappare in un errore oppure in un incidente e compromettere le sue chances di campionato del mondo. La turbo di Maranello è sicuramente più lenta, nel misto, della macchina inglese: ma sul rettilineo ha tanta potenza da staccare la rivale come se questa sia ferma. Inoltre, Villeneuve è in stato di grazia. Guida in modo impeccabile, senza una sbavature. Pare un pilota diverso, ci sono sempre grinta e generosità, c’è sempre il suo agonismo esasperato. Ma tutto pare al servizio della corsa, dello spettacolo, dell’entusiasmo del pubblico. Ben presto i distacchi si annullano, perché nei curvoni veloci le macchine con motore aspirato sono più veloci. Si forma un “treno” di cinque monoposto e Gilles compie miracoli di abilità nel tratto misto. Le posizioni alle sue spalle si assestano con Laffite secondo, davanti a Watson, Reutemann e De Angelis.

Al Jarama comincia la leggenda di Gilles Villeneuve, una leggenda che Enzo Ferrari avallerà con una frase giusta e generosa: “Domenica, in Spagna, Gilles Villeneuve mi ha fatto rivivere la leggenda di Nuvolari”. Consegna, cosi, il suo piccolo grandissimo canadese alle pagine fulgide dell’automobilismo.



Il drake gli ordinò; «Fallo spaventare»

A volte Enzo Ferrari mi chiamava a mezzogiorno in punto e mi diceva:”Vieni a Maranello, pranziamo all’una al Cavallino e poi facciamo quattro chiacchiere”. Io avevo una Giulia Super 1600cc e anche a spingere (non c’erano limiti di velocità) fare circa 190 chilometri in un’ora per me era impossibile. Facevo sempre questa obiezione al Drake e lui ridendo mi ribatteva:”Non sai più guidare?”. Era un teatrino che si ripeteva ogni volta. Quel lunedì seguente il Gp di San Marino 1981, io avevo picchiato duro perché Gilles Villeneuve conquistata la pole position era stato penalizzato da una scelta di gomme sbagliata: pioveva ma a un certo punto, scemata del tutto la pioggia, Gilles era rientrato al box per montare le gomme slick ma ritornato a piovere, Villeneuve era dovuto tornare ancora al box giungendo infine al traguardo con quasi 2 minuti di distacco. La cosa non mi era andata giù perché sospettavo che la decisione di far rientrare Gilles fosse stata del box e non del pilota. Forse mi sbagliavo, ma io per Gilles stravedevo: feci arrabbiare Ferrari che per due o tre mesi non mi rispose più al telefono.

Un giorno, verso mezzogiorno e un quarto Enzo Ferrari telefonò. Mi disse:”Non dobbiamo essere in collera, vieni a Maranello che all’una pranziamo al Cavallino e parliamo”. Solito teatrino, peggiorato dal quarto d’ora in meno dell’orario. Mi venne un’idea. “Ingegnere, come faccio in tre quarti d’ora a essere a Maranello? E poi ho l’auto dal meccanico, in riparazione”. Sentii il suo risolino. Rispose:”Scendi in cortile, troverai una Ferrari con un autista che ti porterà qui più velocemente che con la tua auto”. Scesi in cortile e vidi una Ferrari sull’arancione, gibollata in diversi punti. Vicino, sorridente c’era Gilles Villeneuve. Disse con quel suo strano italiano pieno di “erre” mosce: «Dai Nestor, ero qui da uno sponsor e l’ingegnere mi ha detto di passarti a prendere».

Il tranello era scattato.

Imboccammo l’autostrada e cominciammo a viaggiare a 250 all’ora sulla … corsia di emergenza. Gilles sfilava i camion come fossero avversari in pista, ogni tanto rientrava sulla carreggiata quando i camion erano tre o quattro in colonna. «Gilles ho paura, vai sulla carreggiata normale», gemevo. E lui ridendo: «Sta zitto e divertiti». Speravo nella Polizia stradale. Niente. Come Dio volle uscimmo dall’autostrada e Gilles si calmò un po’. Sapeva che sulla strada per Maranello c’erano i vigili che non gli perdonavano mai niente. E di multe ne aveva pagate parecchie. Arrivammo al Cavallino all’una e 6 minuti. Dal cortile del Corriere a lì Gilles aveva impiegato 51 minuti netti. Una follia. Entrammo al ristorante, passammo alla saletta dove Enzo Ferrari era solito pranzare.


Il Drake era in piedi vicino al tavolo. Sorrideva. “Ti sei divertito?”, chiese. E di colpo la trama di quella che per me era stata una sorta di tragedia mi apparve chiara. Risposi: «no» e cercai di andarmene. Ma Franco Gozzi e Athos, il gestore del Cavallino, mi fermarono e mi riportarono nella saletta. Mi sedetti facendo finta di essere imbronciato ma, in cuor mio, pensavo che forse, 98 italiani su 100, con Gilles al volante si sarebbero divertiti un mondo. E allora, finalmente, sorrisi anche io e mangiai allegramente. Villeneuve, poi, arrivò quarto in Belgio ma vinse le due gare successive, a Montecarlo e in Spagna. E a Madrid la sua fu una vittoria epica, l’ultima di Gilles.