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Monza: senza microchip aziende ferme, la Fiom scrive ai parlamentari. Occhiuto: «Situazione peggiore dell’inizio della pandemia»

I cinesi fanno incetta di materie prime. Chiesta la cassa per Candy Brugherio ed Edim Villasanta, ma le aziende in situazione di disagio sono molte. La richiesta: «Fondamentale che si attivi, sin da subito, un tavolo di confronto a livello nazionale tra Governo e parti sociali»
Monza Pietro Occhiuto Cgil
Monza Pietro Occhiuto Cgil Fabrizio Radaelli

«Questa situazione rischia di essere peggio della fase iniziale della pandemia. C’è il rischio di ripercussioni pesanti, di tempi lunghissimi. Che si debba ricorrere agli ammortizzatori sociali fino a fine anno». Il grido d’allarme è di Pietro Occhiuto, segretario generale della Fiom Cgil Monza Brianza: oltre la pandemia il settore metalmeccanico (e non solo quello) deve fare i conti anche con la carenza di microchip, di cui i cinesi hanno fatto razzia, impedendo alle aziende di lavorare.

E intanto, invece che con la ripresa, molti lavoratori hanno a che fare ancora una volta con la cassa integrazione, come è successo alla Candy di Brugherio e alla Edim del gruppo Bosch a Villasanta. Un problema che la Brianza non può risolvere da sola: serve un livello più alto di intervento. Per questo la Fiom brianzola ha scritto ai parlamentari del territorio perchè si interessino del problema. Anche perchè le aziende colpite sono diverse: nei settori della componentistica per auto, così come nelle bullonerie. Un problema, insomma, che attraversa intere filiere, con un disagio che a lungo andare potrebbe sfociare in altre richieste di cassa integrazione.

«È ormai noto -scrive il segretario generale dei metalmeccanici della Cgil brianzola a deputati e senatori brianzoli- come da settimane sia esplosa la cosiddetta crisi dei microchip. Una crisi, quella dell’approvvigionamento dei microchip, microprocessori, nonché dell’acciaio, dell’alluminio, delle materie plastiche ed idrocarburi che sta causando seri problemi alla capacità produttiva delle aziende di diversi settori, primi fra tutti quello dell’automotive e dell’elettrodomestico, con pesanti ripercussioni sulle lavoratrici e sui lavoratori».

La crisi causa anche un aumento dei costi delle materie prime rimaste dopo l’intervento”a piedi uniti” dei cinesi che si sono accaparrati la gran parte delle disponibilità a livello mondiale, bloccando di fatto il resto del mercato.

«Il rischio -continua la lettera- è che ci sia un impatto negativo sui lavoratori, anche in termini occupazionali. Un rischio molto alto che andrebbe a sommarsi alle criticità già in essere in questa delicata fase di gestione della pandemia da Covid-19. Per questi motivi riteniamo fondamentale che si attivi, sin da subito, un tavolo di confronto a livello nazionale tra Governo e parti sociali che affronti tali problematiche e trovi soluzioni a salvaguardia del sistema produttivo del Paese ed a tutela dei tantissimi addetti coinvolti»

Il sindacato ha chiesto che si apra un tavolo al Ministero dello Sviluppo economico per avviare un confronto e cercare di governare la crisi. Ai parlamentari si chiede di accelerare questo percorso. Bisogna far presto perchè altrimenti si prospettano mesi per risolvere il problema con conseguenze immaginabili sull’attività delle aziende e sul lavoro: