La crisi K-Flex: fumata nera in Regione, il 26 aprile è decisivo

A pochi giorni dal 26 aprile, giorno di scadenza della procedura sindacale, non c’è ombra di accordo tra K-Flex e lavoratori. Le bocce sono ferme anche dopo l’ultimo incontro in Regione. Intanto lo sciopero, iniziato ormai 89 giorni fa, da martedì ha iniziato a procedere per reparti. Il presidio continua a rimanere attivo in maniera permanente.
roncello: k-flex 13/04
roncello: k-flex 13/04 Signorini Federica

A pochi giorni dal 26 aprile, giorno di scadenza della procedura sindacale, non c’è ombra di accordo tra K-Flex e lavoratori. Le bocce sono ferme anche dopo l’ultimo incontro in Regione dove, mercoledì, lavoratori e rappresentanze sindacali si sono confrontati con l’azienda in sede Arifl (Agenzia regionale per l’istruzione, la formazione e il lavoro).

«L’incontro non ha dato esito positivo» osserva Matteo Moretti della Filctem Cgil, che assieme a Massimo Ferni della Femca Cisl sta seguendo i 187 esuberi della multinazionale delle gomme isolanti. La proposta economica dell’azienda non è cambiata rispetto a quella messa sul tavolo il 7 aprile (e ritenuta inaccettabile dalle maestranze), mentre quella avanzata direttamente dai lavoratori su richiesta dei rappresentanti K-Flex sembra proprio che non convincerà la proprietà. Lo si vedrà nell’ultimo incontro fissato in Regione proprio il 26, alle ore 14.

Oltre a quella appena citata (giornata cruciale perché da quel momento l’azienda potrebbe inviare le lettere di licenziamento, con o senza accordo raggiunto) si attende con una certa impazienza anche quella del 4 maggio, che potrebbe addirittura determinare il ritiro della procedura di mobilità per il licenziamento collettivo dei 187 (emessa a fronte della soppressione della produzione in Italia, con concomitante potenziamento dello stabilimento produttivo in Polonia).

«Abbiamo fatto ricorso per condotta antisindacale al Giudice del Lavoro che si pronuncerà il 4 maggio sulla richiesta di annullamento dei licenziamenti, poiché non viene rispettato l’accordo del 28 Dicembre 2016 dove l’azienda si è impegnata a non aprire procedure di riduzione del personale per tutto il 2017 e poiché le motivazioni riportate nella procedura di licenziamento sono prive di riscontri» ricordano i sindacati. Che poi aggiungono, circa il tavolo in Regione: «L’azienda ha insistito per conoscere le aspettative dei lavoratori che, ribadendo la richiesta di mantenere i posti di lavoro ed evitare la delocalizzazione, hanno avanzato una proposta economica precisa visto l’approssimarsi della scadenza della fase amministrativa della procedura. L’azienda si è riservata un’ulteriore riflessione ma ha comunicato di non poter condividere quanto proposto».

La proprietà, da parte sua, fa sapere che «nonostante K-Flex abbia presentato una proposta di accordo – basata su incentivo economico e politiche attive – le parti sociali hanno respinto la proposta e hanno avanzato delle richieste che purtroppo rendono residue le possibilità di giungere ad un accordo entro i termini della procedura».

Intanto lo sciopero, iniziato ormai 89 giorni fa, da martedì ha iniziato a procedere per reparti (i reparti che di giorno in giorno non in sciopero sono “in serrata”, perché l’azienda nega l’accesso in ditta ai lavoratori); il presidio continua a rimanere attivo in maniera permanente.

Ultima notizia della settimana, relativa ai 23 milioni di euro di finanziamenti che la K-Flex ha ottenuto dalla Simest (società controllata al 76% dalla Sace, che a sua volta è al 100% del Gruppo Cassa depositi e prestiti). Tra le norme che regolano tali finanziamenti, spicca il Decreto-legge 35 del 2005 convertito, con modificazioni, dalla legge 80 del 2005. Che all’articolo 1 comma 12 recita: “I benefici e le agevolazioni previsti ai sensi della legge del 24 aprile 1990, n. 100, del decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 143 e della legge del 12 dicembre 2002, n. 273, non si applicano ai progetti delle imprese che, investendo all’estero, non prevedano il mantenimento sul territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo, direzione commerciale, nonché di una parte sostanziale delle attività produttive”. E proprio su quest’ultimo punto, «perché le istituzioni e la politica non intervengono?» chiedono sindacati e lavoratori.