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Brugherio, fumata nera tra lavoratori e azienda: continua il presidio alla Max Mothes

Nulla di fatto al termine dell’incontro tra vertici aziendali e rappresentanti dei lavoratori della Max Mothes di Brugherio: i dipendenti continuano così il presidio permanente.
Il presidio di lavoratori alla Max Mothes
Il presidio di lavoratori alla Max Mothes

I tedeschi della Max Mothes subentrati un paio di anni fa alla storica ditta di bulloni Vsp (via Aristotele a Brugherio) dovevano portare al rilancio dell’azienda. Invece hanno smantellato tutto. E nelle scorse settimane hanno portato via i primi macchinari su tir con targa della Turchia, dove l’impresa ha altri siti produttivi. «Senza quei macchinari non si può lavorare», spiegavano i lavoratori che da giovedì mattina hanno presidiato i cancelli. In questi giorni sono in cassa integrazione, un ciclo che dovrebbe durare fino a marzo, «ma se non fossimo rimasti qui a controllare, saremmo tornati a fine cassa trovando le catene ai cancelli», rimproveravano gli operai all’avvocato mandato sul posto dai tedeschi per dialogare giovedì pomeriggio.

Difficile smentirli: questa settimana il capannone è andato all’asta senza che l’affitto venisse confermato dalla direzione, «e i tre mesi di cassa integrazione ordinaria iniziati da poco siamo certi servissero solo a tenerci lontani mentre svuotavano i capannoni per portare via tutto». Sul posto esponenti di Cgil e Cisl, Giorgio Pontarollo e Eliana Dell’Acqua. Venerdì 7 febbraio, nel pomeriggio, i rappresentanti dei lavoratori hanno incontrato i vertici aziendali. Un incontro che si è concluso con un nulla di fatto: bocce ferme e presidio a oltranza.

Brugherio, fumata nera tra lavoratori e  azienda: continua il presidio alla Max Mothes
Il “campo base” allestito dai lavoratori all’interno della Max Mothes


L’avvocato, giovedì fuori dai cancelli, spiegava che alla ditta è stata presentata istanza di fallimento «un percorso lungo che non conviene a nessuno – diceva il legale – e sul quale vi diamo garanzia che faremo opposizione». Garanzia tutt’altro che sufficiente per i lavoratori: «Non ci muoviamo da qui se non abbiamo garanzie rispetto alle possibili procedure per i posti di lavoro e gli ammortizzatori sociali», affermava Pontarollo. E poi si diceva disposto a sganciare i lavoratori dal percorso fallimentare, rinunciando a farne parte, «ma solo un attimo dopo la sigla di un buon accordo sindacale». Pietra sopra al rapporto fiduciario tra lavoratori e azienda insomma, «anche perché scopriamo ora che c’è un percorso fallimentare in corso, ci è stato tenuto nascosto finora», hanno puntualizzato i sindacati.

La ditta impiega una ventina di lavoratori, erano 70 solo nel 2015. L’idea quando i tedeschi si sono insediati era quella di specializzarsi solo nei bulloni a caldo, un mercato di nicchia, con pochi competitor in tutta Europa, “ma gli investimenti non sono o mai arrivati”, hanno detto i lavoratori. Quello che resta oggi sono debiti coi fornitori, un capannone da svuotare in pochi giorni, piani industriali non rispettati.