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Cesano Maderno: Mercatone Uno, bando per la vendita. Mercoledì presidio al Mise

Dopo le lettere di messa in mora da parte delle lavoratrici e dei lavoratori ecco che per il Mercatone Uno (che aveva uno dei negozi a Cesano Maderno) arriva un nuovo bando di vendita redatto dai commissari straordinari. Intanto i dipendenti mercoledì pomeriggio terranno un presidio a Roma davanti al Mise
Il presidio di mercoledì scorso a Cesano Maderno. Mercoledì 24 se ne terrà uno a Roma davanti al Ministero dello Sviluppo economico
Il presidio di mercoledì scorso a Cesano Maderno. Mercoledì 24 se ne terrà uno a Roma davanti al Ministero dello Sviluppo economico Attilio Pozzi

Tra i punti vendita messi a disposizione nel bando c’è anche quello di Cesano Maderno, anche se nel regolamento stilato dai commissari del Mercatone Uno il negozio di via Don Luigi Viganò viene indicato in provincia di Milano.

A parte l’ignoranza sui confini della Brianza monzese resta comunque l’iniziativa dell’amministrazione straordinaria per cercare di trovare un acquirente dello storico marchio, possibilmente un po’ più serio e un po’ più attrezzato della società, la Shernon, che si era presa la briga, sulla carta, di rilanciare i 55 negozi della catena, salvo poi naufragare miseramente fino alla dichiarazione di fallimento da parte del Tribunale di Milano e all’inchiesta per bancarotta della Procura della Repubblica milanese.

L’offerta vincolante, relativa a tutti o parte dei negozi (48 ancora aperto al 24 maggio, giorno della sentenza di fallimento, tra cui quello di Cesano, e altri 7 che erano già chiusi, tra i quali quello di Pessano con Bornago) dovrà arrivare entro le 18 del 31 ottobre.

Il nuovo acquirente dovrà garantire di rimanere aperto almeno per un biennio, garantire i livelli occupazionali definiti all’atto della vendita e aspettare poi la decisione dei commissari che dovrà essere accompagnata dal l’autorizzazione del Mise, il Ministero dello Sviluppo economico sentendo il Comitato di sorveglianza.

I criteri per la scelta saranno sostanzialmente tre: il prezzo, i livello occupazionali, il piano industriale elaborato per garantire continuità. Fino all’autunno, insomma, non si potrà sapere se Mercatone Uno services e finance (ma il bando riguarda anche M.Estate, M.Business, M.Uno trading tutte in amministrazione straordinaria») avranno un futuro oppure se la storia del marchio dovrà considerarrsi definitivamente chiusa.

I commissari avevano invitato anche i fornitori a farsi avanti per rilevare in tutto o in parte l’attività. Una soluzione che per la neocostituita Associazione fornitori Mercatone Uno, che riunisce oltre il 50% dei crediti almeno al momento non è praticabile. I fornitori (nell’associazione sono presenti anche diversi brianzoli) sono le altre grandi vittime della vicenda. Con il dente avvelenato anche con la precedente amministrazione straordinaria. Imprenditori che non sanno come portare a perdita nei propri bilanci 140 milioni di crediti prededucibili (quelli generati dalla gestione commissariale). Per non parlare poi dei clienti ai quali Shernon ha venduto merce intascando caparre senza consegnare quanto era stato acquistato.

Intanto continua il pressing dei lavoratori e dei sindacati perchè agli ormai ex dipendenti venga riconosciuta almeno una cassa integrazione dignitosa. Proprio per questo per mercoledì 24 luglio dalle 15 alle 18 è stata indetta una mobilitazione nazionale con presidio delle lavoratrici (la maggior parte delle dipendenti sono donne) proprio davanti al Palazzo del Ministero dello Sviluppo Economico a Roma. L’obiettivo, appunto, è di ottenere risposte concrete alla richiesta avanzata all’amministrazione straordinaria e al Ministero stesso di una integrazione al reddito e di tenere vivo il dibattito sulle prospettive future.

I lavoratori, d’altra parte, non sono rimasti con le mani in mano in questi giorni, ma hanno firmato lettere di messa in mora per l’amministrazione straordinaria, il fallimento Shernon e l’Inps. Le lavoratrici e i lavoratori di Mercatone Uno chiedono di tornare alle condizioni precedenti a quelle dell’ultima sciagurata gestione dei negozi, vogliono cioè che vengano riconosciuti loro i contratti a pieno orario e a pieno stipendio che avevano in precedenza e non quelli part time con buste paga ridotte che avevano accettato per rilanciare l’azienda.

Le promesse che la Shernon aveva fatto in cambio, lavoro per due anni e assunzioni in futuro, sono rimaste sulla carta, ma nonostante questo i tagli assecondati a suo tempo dai lavoratori non sono stati annullati. Anzi, i contratti part time diventano la base per calcolare una cassa integrazione che mensilmente arriva ora a 400 euro lordi. La messa in mora, che ha visto 40 lettere sottoscritte a Cesano, teatro mercoledì scorso di un presidio dei lavoratori, vuole rivendicare questi diritti e apre la strada, in mancanza di un accordo, a un possibile contenzioso legale per vedere riconosciuti quelli che i dipendenti rivendicano come loro diritti.

Sulla questione è intervenuto dalla sua pagina facebook anche l’onorevole Davide Tripiedi dei 5 Stelle: «Retrocedere ora i contratti di lavoro ripristinando le condizioni precedenti la cessione di Mercatone Uno a Shernon Holding approvando una nuova legge che agisca retroattivamente, è purtroppo tecnicamente molto complesso se non praticamente impossibile», spiega accusando i sindacati di non raccontare tutta la verità sulla vicenda. Le organizzazioni dei lavoratori hanno chiesto a più riprese anche al ministero dello Sviluppo economico guidato da Luigi Di Maio di intervenire per integrare la cassa integrazione: «Al governo del cambiamento -dichiara Matteo Moretti della Filcams Cgil Monza Brianza- chiediamo una soluzione politica, per liberare dalla povertà 1860 lavoratrici che tra qualche settimana, da aprile sono prive di reddito, inizieranno a percepire una CIGS da 400 euro mensili, Queste sono le nostre richieste, non ci interessa la polemica, vogliamo un tavolo dove discutere e individuare le soluzioni»..

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