Gianfranco Josti, storica firma del Corriere della Sera e decano dei giornalisti di ciclismo, commenta il Giro d’Italia per ilCittadinoMb.it. Giovedì 22 ottobre nella tappa della Cima Coppi, la corsa ha cambiato volto e ha salutato una nuova maglia rosa.
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Il Giro d’Italia edizione 2020 non si è fatto mancare proprio nulla. Al lungo elenco di guai (cadute che hanno coinvolto aspiranti alla vittoria finale, maltempo, ritiro di due squadre per la positività al Covid-19 di alcuni corridori, rinuncia a salite storiche quali Agnello, Izoard e Monginevro per il veto delle autorità francesi) si sono aggiunti l’esclusione dalla corsa rosa di un ciclista positivo al controllo antidoping (Matteo Spreafico,) e una sorta di sciopero-ricatto che ha gettato ombre inquietanti sull’intero mondo delle due ruote.
Il terz’ultimo atto del Giro prevedeva una maratona di 251 chilometri interamente pianeggianti da Morbegno ad Asti, il classico trasferimento tra due difficilissime e decisive tappe di alta montagna. La stanchezza accumulata dopo tanti chilometri nelle gambe, la prospettiva di restare in sella per cinque sei ore sotto la pioggia battente ha offerto l’occasione ad un gruppo di corridori di contrattare con organizzatori e giuria la riduzione del chilometraggio della tappa.
Voci di un certo malcontento per il menu proposto nella terza settimana di gara erano corse subito dopo la straordinaria tappa dello Stelvio che i concorrenti avevano interpretato nel migliore dei modi ma non esistevano le prerogative regolamentari per una simile richiesta. Ma al raduno di partenza un’improvvisata assemblea con una fantomatica votazione avrebbe approvato a maggioranza la proposta di accorciare sensibilmente la tappa.
Mauro Vegni, responsabile del Giro, per evitare che si attuasse una sorta di sciopero ha subito quella che pareva una precisa richiesta del gruppo a tutela della propria integrità, scoprendo poi a tappa conclusa che molti corridori e molti direttori sportivi, non solo non erano stati informati di quanto avevano in mente di fare alcuni concorrenti, erano di parere contrario. Ad esempio la Ineos di Geoghegan e Ganna avrebbe voluto che la tappa si svolgesse regolarmente.
La netta sensazione è che a troppi dirigenti del mondo del ciclismo non vada a genio che pur tra mille difficoltà e carenze, il Giro d’Italia si appresti a tagliare il traguardo finale di Milano, domenica 25 ottobre giorno in cui si sarebbe dovuta disputare la Parigi-Roubaix. Ma la “regina delle classiche”, fiore all’occhiello degli organizzatori del Tour che hanno in pratica il monopolio su tutto il movimento europeo, è stata annulla dalle autorità francesi a causa della pandemia. E allora perché non cercare di far boicottare il Giro che invece continua?
Giusto per la cronaca la minitappa Abbiategrasso-Asti di soli 120 chilometri è stata vinta da un coraggiosissimo ceco, Josef Cerny, che ha tagliato il traguardo dopo una fuga solitaria di una ventina di chilometri resistendo al recupero di un quintetto che il recordman dell’ora, il belga Campenaert ha a lungo pilotato prima di decidersi a far tutto da solo, senza riuscire a colmare il ritardo di 18”. Invariata la classifica generale con tre corridori racchiusi in 15”. Solo la crono di Milano riuscirà a risolvere il rebus “chi vincerà il Giro?” tra Kelderman, Handley e Geoghegan.