Viaggio lungo le rive del LambroNell’aria un forte odore di fogna

Legambiente su Lombarda Petroli«Sistema penale troppo lento»

Monza – Dopo l’onda nera, l’olezzo di fogna. Il Lambro imputridisce nel proprio letto sotto gli occhi indifferenti della civiltà e con lui l’ecosistema di flora e fauna, che si aggrappa disperatamente alle sue rive seguendo un istinto di sopravvivenza che appare ormai un inutile sforzo quotidiano. Non è stato solamente il gasolio della Lombarda Petroli. La cancrena – è evidente – è iniziata da decenni: il petrolio è stato soltanto il colpo di grazia. Nell’ansa del fiume tra Monza, Brugherio e San Maurizio al Lambro due germani reali risalgono una corrente torbida: lì l’acqua del collettore, in questi giorni e per altre tre settimane senza filtro, si getta nel Lambro.

L’odore di fogna che esala nell’aria è insopportabile e invade una via sterrata ai margini di ciò che resta di una campagna stuprata dalla provinciale e dai clacson delle auto e dai profili dei capannoni industriali. Il Lambro sembra un estraneo che passa tra le discariche abusive e qualche campo lasciato alla malora. Spazzatura impigliata tra gli sterpi che si arrampicano lungo le sue sponde, immondizia in uno spiazzo poco più in là lungo la stradina sterrata, davanti ad una cancellata arrugginita dove un cartello comunale raccomanda di non gettare la spazzatura fuori dai bidoni. Che non ci sono.

Soltanto un mucchio di copertoni neri ammassati alla mura tra cui scintillano cocci di vetro e lattine, e poi carta straccia, batterie esauste, contenitori, frammenti di plastica. In una roggia asciutta, che un tempo doveva abbeverarsi al Lambro che le scorre di fronte, gli scheletri carbonizzati di motorini giacciono sotto grandi platani in rovina. Lasciandosi alle spalle le panne assorbenti della Protezione civile, legate alla bene e meglio a qualche tronco più robusto su entrambe le sponde, inermi alla corrente e quasi immacolate, il Lambro scorre verso il parco di San Maurizio dove colline artificiali e vie costeggiate da pioppi cipressini sorgono sulle tonnellate di terra da fonderia dell’ex discarica della Falk. È qui che l’onda nera ha lasciato qualche traccia di catrame, rimasto appiccicato a strisce di terra che emergono da qualche ansa. Il resto è precedente. Odore e rifiuti di fogna che marciscono tra i rovi e i tronchi abbattuti delle robinie che si affollano sulle sponde, nastri di carta bianca che impigliano e soffocano rami e radici. Pesci non ce n’è e nemmeno germani; i cormorani sono morti annegati dall’onda nera. Le piene del fiume, ormai, lasciano sugli spiazzi solo rifiuti di civiltà: alle radici di un platano, un vecchio televisore.
Luca Scarpetta