Seregno: armi e tritolo nel box,condannati due calabresi

Seregno – L’arsenale era composto da pistole, fucili a canne mozze con il calcio segato e soprattutto tre panetti di tritolo, con tanto di inneschi e detonatore; esplosivo sufficiente a far crollare un palazzo, nascosto in pieno centro città. Un ritrovamento avvenuto il 23 febbraio di quest’anno in un box di corso Matteotti, per il quale, giovedì, sono stati condannati a sei anni di reclusione ciascuno due incensurati di origine calabrese, Giuseppe Medici e Diego Lorenzo Caniglia, quest’ultimo un agronomo dipendente del Comune di Milano.
All’inizio dell’anno agli uomini della Polizia giudiziaria della Procura di Monza era arrivata la soffiata su un appuntamento nel garage della città brianzola tra i due imputati condannati l’altro giorno ed un terzo uomo, Antonio Andreana, mobiliere con vecchi precedenti per rapina, che aveva preso in affitto il garage da un panettiere di Seregno, risultato estraneo alla vicenda. “Conoscevo uno dei due perché andavamo nello stesso bar a Milano; li ho incontrati per caso, erano lì per comprarsi un paio di scarpe, e mi hanno seguito nei garage con l’auto” ha detto ai giudici Andreana, che ha cercato così di scagionare i due calabresi, e per la vicenda verrà giudicato col rito abbreviato a febbraio. Al suo racconto, tuttavia, il tribunale non ha creduto.
Secondo le accuse, i due calabresi in realtà dovevano prendere in consegna il carico e cambiare nascondiglio, ma gli inquirenti della Procura non sono riusciti a chiarire la destinazione di armi ed esplosivo e chi eventualmente fosse dietro ai due insospettabili di origine calabrese. Alla scorsa udienza del processo, celebrata qualche giorno prima della sentenza, non è mancato nemmeno un colpo di scena. “Quella roba me l’aveva data un anno prima Roberto Mariani, chiedendomi di tenerla per un mese, e assicurandomi che erano armi ‘pulite’, putroppo una settimana dopo è stato ucciso dalla moglie, nessuno veniva a chiedere quelle armi, così le tenevo lì perché non sapevo che fare” ha detto Andreana, riferendosi al 45enne seregnese ucciso a colpi di pistola nel febbraio 2008 dalla moglie Grazia Cristello in un parcheggio di Mariano Comense. Andreana, in sostanza, ha scaricato la titolarità delle armi su qualcuno che non potrà mai smentire o confermare.
Quello che è certo è il fatto che la vicenda getta nuovamente un’ombra sinistra sulla Brianza, e su Seregno in particolare, dove nel 2006 venne ritrovato un altro potente arsenale in possesso di Salvatore Mancuso, di Giussano, uomo che i pm di Monza considerano legato all’omonimo clan calabrese di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, e che per questa vicenda era stato condannato a quattro anni e quattro mesi in secondo grado.
Federico Berni