Monza – A rischio la manutenzione di strade e scuole, la gestione dei rifiuti, la tutela ambientale. A rischio il futuro delle nuove città metropolitane, uno scenario che tocca da vicino Monza. Sono i nodi individuati da uno studio del dipartimento delle Riforme del ministero della Funzione Pubblica sulla mancata conversione del decreto legge sulle Province, per la fine anticipata del governo Monti. Lo ha anticipato l’Ansa nel weekend.
«La mancata conversione del dl sulle Province comporterebbe una situazione di caos istituzionale. Tra le conseguenze, oltre ai mancati risparmi, la lievitazione dei costi a carico di Comuni e Regioni e il blocco della riorganizzazione periferica dello Stato – si legge – Comporterà un periodo di incertezza per l’esercizio di funzioni fondamentali per i cittadini (come manutenzione di scuole superiori e strade, gestione rifiuti, tutela idrogeologica e ambientale)».
E poi «porrà una questione finanziaria legata dal problema dei mutui contratti dalle province con banche e soprattutto Cassa depositi e prestiti: a questi dovranno subentrare regioni o comuni o dovranno essere frazionati; altri problemi riguarderanno il trasferimento del personale, dei finanziamenti, dei beni immobili».
A rischio anche il futuro delle città metropolitane, che tocca da vicino Monza: secondo il decreto di riordino approvato il 31 ottobre, la neonata provincia di Monza e Brianza dovrebbe infatti rientrare nella città metropolitana con Milano. «Le città metropolitane restano istituite solo sulla carta – dice ancora lo studio – e la loro operatività sarebbe ostacolata da una serie di fattori: mancanza di definizione del sistema elettorale del consiglio metropolitano; incertezze sui rapporti tra sindaco del comune capoluogo e sindaco metropolitano; incertezze sui rapporti patrimoniali e finanziari; perimetro diverso per Firenze e Milano».
La mancata conversione in legge del decreto legge fa «tornare un rischio di una declaratoria di incostituzionalità».
«Il Salva Italia è stato impugnato – si legge nello studio del governo messo a punto in vista dell’esame del dl sulle province e delle difficoltà riscontrate durante l’iter – perché la Costituzione prevede che lo Stato assegni alle province ‘funzioni fondamentali’. Ora, è dubbio che le sole funzioni di indirizzo e coordinamento dei comuni possano costituire ‘funzioni fondamentali’ in senso tecnico. Se la Corte dovesse accogliere i ricorsi, le province avrebbero tutte le funzioni attuali (e non solo quelle di area vasta) e non sarebbero nemmeno ridotte di numero. Naturalmente – ci tengono a sottolineare i tecnici del governo – un rischio di incostituzionalità grava anche sul decreto in esame sotto il profilo della forma e del procedimento usati per il riordino».