«Perché arriva il tempo, specie quando lo stato di crisi tocca la massima soglia di sopportazione, in cui bisogna risalire la corrente e tornare ad interrogare i padri». I padri del Novecento, o almeno alcuni di loro: sono i guastatori del futurismo, l’intima risolutezza di Ungaretti, la sospesa attesa di Montale a raccontare le radici di un secolo di poesia italiana. E a scavare sotto terra c’è il festival PoesiaPresente, che in questi giorni riparte con il progetto ideato e organizzato da Mille gru in collaborazione con il comune e la compagnia La danza immobile. Dome Bulfaro (nella foto di Barbara Colombo), che poeta è, lo dirige con Enrico Roveris. E pensa che di fronte alle stagioni di crisi la strategia del salmone sia quella che salva. Basta ricordarsi di tornare a valle, poi.
Il senso dell’edizione 2015 sono le radici della poesia contemporanea. Perché?
Proprio perché è il momento di tornare a interrogare i padri. Questa in realtà è una pratica a cui, come PoesiaPresente, fin dal 2007 non siamo mai venuti meno, tuttavia fino ad oggi l’avevamo svolta solo nelle scuole. Col regista Enrico Roveris, che dirige artisticamente con me la stagione, e Corrado Accordino, direttore del Teatro Binario 7 di Monza, abbiamo valutato valesse la pena mostrare anche pubblicamente, per la prima volta a teatro, questa nostra pratica sommersa. Molti infatti non sanno che PoesiaPresente struttura per tutto l’anno scolastico, incontri e laboratori nelle scuole. Si tratta di una pratica per noi fondamentale che conta mediamente 7.000 presenze annue. Quest’anno ad esempio con l’assessorato alle Politiche culturali di Monza, che da sempre collabora con noi di Mille Gru alle stagioni di PoesiaPresente, abbiamo studiato una “rosa” d’incontri fra studenti e poetesse contemporanee le quali, oltre a leggere proprie poesie, proporranno testi di poetesse del Novecento.
Quelle radici affondano in un periodo drammatico: la guerra che verrà dei futuristi, la guerra vissuta di Ungaretti, la digestione della guerra di Montale. Un secolo dopo, cosa ci raccontano?
I futuristi e lo stesso Ungaretti l’hanno voluta, per molte ragioni, la Grande guerra. Poi Boccioni e Sant’Elia ci hanno lasciato le penne e Ungaretti si è ricreduto all’istante, appena si è ritrovato dall’oggi al domani, il 23 dicembre 1915, a passare un’intera nottata in trincea, a “veglia” d’un cadavere di soldato che digrignava i denti al plenilunio, capendo sulla propria pelle qual è la differenza tra l’idealizzazione della guerra e la guerra nuda e cruda. Montale invece, di otto anni più giovane di Ungaretti, combatté dall’aprile 1917 e fece anche lui, come sottotenente di fanteria, la sua parte. In quegli anni iniziava a comporre testi confluiti nella silloge “Accordi”, ancora lontani dalla conclusione che il nostro “male di vivere” non risieda nella Storia ma nell’uomo, al di là della Storia.
E adesso la poesia italiana ha ancora un’identità? Ricorderemo questi decenni? O è tutto troppo liquido e scivolerà via tra le mani?
La poesia è sempre un passo più in là di dove crediamo o vogliamo che essa sia. E anche quella italiana non fa eccezione a questa legge. Credo che la poesia italiana contemporanea non sia ancora abbastanza aperta e debba guadagnare una visione più olistica, capace cioè di introiettare lezioni dal passato come da altre culture, specie quelle di matrice orale. Questo non significa perdere la propria identità, semmai è la via per risintonizzarsi con quel canto tipicamente italiano che attraversa i secoli, quel canto che hanno inseguito e colto Ungaretti, Dino Campana, Emilio Villa… L’arte dei primi due decenni di ogni secolo, spesso si è trovata a dettare le linee di sviluppo dell’intero secolo; inoltre siamo nel bel mezzo di una rivoluzione informatica, che sta avendo ricadute anche sul piano antropologico: ci sarebbero sufficienti ragioni per poter affermare che le riflessioni e le prove estetiche più pregnanti di questi primi due decenni resteranno e detteranno il passo. PoesiaPresente, in fondo, non è che un setaccio in cerca di quell’oro per valorizzarlo a tempo debito e non, come troppo spesso accade, a tempo scaduto.
A cosa serve la poesia? E a cosa serve un festival di poesia?
La poesia serve a vivere. Insegna agli uomini l’arte acrobatica di vivere camminando sul filo teso delle parole, sospesi tra razionalità e irrazionalità. Ungaretti, ad esempio, afferma che in fondo tutta la sua poesia, non a caso riunita sotto il titolo “Vita d’un uomo”, altro non è stata che l’offerta agli altri suoi “fratelli” della sua migliore biografia. Tutto quello che egli ha imparato, lo ha rappreso in poche granitiche parole e nei loro silenzi, affinché la sua poesia potesse essere d’aiuto e conforto ad altri uomini. Un uomo senza poesia è come un cuore senza battito. È un fatto che PoesiaPresente dal 2006 sia il cuore poetico battente di Monza e Brianza: basti pensare a come è cambiato in questa provincia lo scenario della poesia contemporanea prima e dopo il 2006. PoesiaPresente serve per condividere con quante più persone possibili, la poesia, quale nutrimento essenziale allo sviluppo dell’umanità. È vero: la poesia, come afferma Montale attraverso un geniale paradosso, è inutile. Ma è proprio questo suo “stato di inutilità” a conferirle, tanto più oggi, un valore diametralmente opposto.
Un anno fa le prime finali nazionali del poetry slam (del Campionato Lips), la forma forse più avanguardista della poesia, quest’anno il recupero di un secolo di declinazioni della poesia. In prospettiva cosa dobbiamo aspettarci da un festival ormai radicato e sempre in cambiamento?
“Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia”: così recita il Manifesto Futurista del 1909… finché l’assessorato alle Politiche culturali, la Fondazione Arbor e gli altri nostri principali partner, resteranno al nostro fianco, sostenendoci anche economicamente, come è successo ancora quest’anno, PoesiaPresente svilupperà con “coraggio, audacia e ribellione” la propria politica di nutrimento condiviso della poesia, servendo incontri pubblici rigorosamente gratuiti sia in teatro che nelle scuole. Detto questo, pensare al futuro oggi è diventato un lusso: godiamoci il presente e questa stagione 2015 “classica e contemporanea” che ospita autori e punti di vista non scontati. Godiamoci queste tre lezioni-spettacolo di Mille Gru, firmate per la prima volta in teatro dal duo Bulfaro-Roveris, e portate in scena anche e soprattutto grazie a chi lavora alacremente stando sempre dietro le quinte: Simona Cesana, Patrizia Gioia e Anna Castellari.
Il festival PoesiaPresente 2015
“Classica contemporanea”
Tre lezioni spettacolo su futurismo, Ungaretti e Montale, ingresso libero
Domenica 15 marzo alle 17
Futurismo: rinnovamento radicale (all’infiniiiito)
Giovedì 16 aprile alle 21
Ungaretti: quel nulla d’inesauribile segreto
Giovedì 7 maggio alle 21
Montale: ovvero come vincere il Nobel vivendo al 5%
Binario 7, via Turati 8 a Monza
Ingresso libero