Notte con gli angeli del soccorsoIl turno in ambulanza a Monza

Una notte insieme ai volontari, dal ritrovo nella sede di via Piave fino al primo intervento. Viaggio nel lavoro del soccorritore, tra paure e umanità. E tanta voglia di aiutare il prossimo.
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Monza – Sono le 19.30. È una di quelle serate in cui si ha più fretta di spegnere il computer, uscire dall’ufficio, lottare con il traffico. Questa è una di quelle tre, a volte quattro sere al mese (ma a volte nemmeno si contano), regalate alla Croce rossa. Sono 1850 i volontari impegnati in tutta la Brianza, 350 solo a Monza. Uomini e donne, ragazzi e adulti, impiegati, studenti, professionisti, operai, gente che indossa la divisa e aspetta.

Inizia il turno – Ore 19.50, il ritrovo è in via Piave, tra dieci minuti inizia il turno. Terminerà, se tutto va bene, alle 7 del giorno seguente. Ma potrebbero essere anche le 7.30 o le 8, perché se l’allarme suona alle 6.30 allora poco importa se la mente è già di nuovo in ufficio, davanti al computer spento la sera prima, l’allarme è suonato e bisogna intervenire. Passare un turno di notte con i volontari della Croce rossa significa condividere paure e tensioni, risate e progetti. Perché è come una famiglia allargata, una seconda casa dove le vite dei soccorritori e di chi viene a contatto si incrociano fino a toccarsi anche solo per un attimo, nel momento del dolore, della paura, della sofferenza.

Mezzo pronto
– Ore 20.15. Questa notte saranno in quattro sul mezzo pronto a partire dal cortile della sede di Monza: tre volontarie e l’autista. Il controllo scrupoloso di tutta l’attrezzatura è stato fatto: dalla pressione delle bombole di ossigeno alla perfetta funzionalità dei macchinari, dai guanti di taglia small che sono quasi esauriti e vanno cambiati, alle garze. Tutto è pronto, ora si aspetta. Ore 22, non succede nulla, si aspetta e si chiacchiera. «Di solito a quest’ora siamo già usciti almeno un paio di volte, si vede che questa è una serata fortunata», dice sorridendo Valentina Bonfanti, 28 anni, monzese, volontaria da dieci. Di giorno lavora in un’autoscuola e la sera, ma anche la domenica o il sabato, nei giorni di festa o d’estate, è lì, insieme ai suoi compagni in via Piave.

Volontaria, perché? – «Non so nemmeno io perché ho iniziato a fare questo tipo di volontariato – racconta -. Avevo 18 anni e ho letto che la Croce rossa cercava nuovi volontari e così mi sono iscritta al corso». Un impegno irrinunciabile ma totalizzante, che tanto incide nella vita quotidiana di ogni volontario. «Il turno finirà domani mattina alle 7 e dopo un’ora e mezza dovrò essere a Milano in ufficio. È dura ma non ci rinuncerei per nulla al mondo». Le ore scivolano sull’orologio. Quando suonerà l’allarme si tratterà probabilmente di un anziano o di un bambino con sintomi influenzali, o forse un incidente o un malore in casa. «Non mi scorderò mai quel ragazzo di 24 anni che aveva avuto un arresto cardiaco e che siamo riusciti a salvare», aggiunge Simona Colombi, 41 anni, impiegata, una vita spesa per il volontariato in Avo e ora con la Cri. §

L’intervento – Ore 23.45 arriva la chiamata dalla centrale operativa: codice giallo. I gesti si fanno sicuri e fulminei. Le tre ragazze (in turno c’è anche la tirocinante Diana) salgono sull’ambulanza. L’autista mette in moto e parte a sirene spiegate. Cinque minuti dopo il mezzo arriva sul posto. Un anziano di 81 anni con insufficienza respiratoria. «Cosa si sente?», «Riesce a parlare?». Il tono è sicuro e rassicurante. Pochi secondi per misurare i parametri e comunicarli alla sede operativa del 118. La situazione è a rischio, occorre un trasporto in pronto soccorso. Ore 00.20, l’ambulanza entra nel parcheggio del pronto soccorso del San Gerardo. «Non si preoccupi, siamo in ospedale». Un sorriso, la stretta della mano, gesti di umanità che hanno l’effetto di una medicina quando sei spaventato. Ore 00.25 il paziente è preso in carico dai medici del pronto soccorso. Sono passati meno di 40 minuti dalla chiamata. Ora il mezzo è di nuovo operativo.
Sarah Valtolina