Monza – I proclami di questa estate erano stati, per fortuna, cauti: “Vogliamo restare a metà classifica, più vicini alla zona playoff che a quella playout”, dissero in coro i rappresentanti del Monza Brianza capitanati da Stefano Salaroli. Era luglio e faceva caldo. A distanza di cinque mesi perfino la prudenza dell’introduzione appare esagerata. Gli esordi. L’avvio in Coppa Italia è lento: ci vogliono i tempi supplementari per eliminare l’Entella, povera realtà neopromossa di seconda divisione; a Sassuolo ne becchiamo tre e si va tutti a casa. Segni premonitori? Nessuno crede realmente all’oracolo della Coppa.
In agosto si comincia con due pareggi: “meglio dello scorso anno”, proviamo a consolarci. Col Pergocrema un orribile primo tempo è riscattato da una bella ripresa in cui Stefano Seedorf sembra un calciatore vero. Non si ripeterà. Da Ferrara si torna con uno zero a zero: sarà un miracolo. A settembre le prime avvisaglie arrivano col Verona: la sconfitta per 5 a 1 fa male, quella di Reggio Emilia è ingiusta. La prima vittoria arriva col Bassano, poi ecco il Sorrento: col 2 a 2 evitiamo una possibile sconfitta. A ottobre si perde senza appello a Gubbio, a Salerno e pure col Lumezzane, si vince col Pavia e la Paganese: sarà l’ultima gioia, due mesi or sono. A novembre si precipita: un punto con la Cremonese e un altro ad Alessandria per fermare l’emorragia di disfatte con Sud Tirol e Spezia. A dicembre è ancora notte fonda: il Monza perde anche con Como e Ravenna.
Alessio De Petrillo, Vitale Tammaro, Riccardo Monguzzi, Corrado Verdelli: quattro nomi per un’impresa, salvare il Monza. Che il carneade De Petrillo avrebbe avuto vita difficile in riva al Lambro non era previsione azzardata: il tecnico pisano paga oltre i suoi demeriti una rosa sovradimensionata e sopravvalutata. Di sicuro non dimostra, con nove punti in dieci partite, guizzi degni per raddrizzare la baracca: tanto garbato quanto insipido. La gestione temporanea di Tammaro e Monguzzi è lo specchio della confusione societaria: un connubio ai limiti del ridicolo con un portavoce senza patentino e un allenatore tolto e rigettato nel settore giovanile. Infine ecco Verdelli, storia ancora incompiuta: un punto in tre partite e nessun gol segnato.
Mentre la prima squadra va a picco, tre quinti del Consiglio di amministrazione rassegna le dimissioni in aperto contrasto con la reale proprietà: Clarence Seedorf deve a questo punto rinnovare la veste grafica, trova nuovi dirigenti disposti a dare un nome e un volto alle cariche societarie e prosegue per la sua strada. Non ci sono parole ufficiali, non ci sono dichiarazioni che corrispondano ai fatti: lo scollamento tra società e territorio sta arrivando al punto di non ritorno. La miopia dimostrata dal campione milanista è, a questo punto, il biglietto da visita più preoccupante per un 2011 che si prospetta terribile, a meno che non si riesca a sgombrare il campo da ombre, errori pacchiani e comitati tecnici farlocchi e incompetenti.
Saverio Gennaro
Saverio Gennaro