Monza – E’ iniziato l’intervento di sistemazione degli antichi tiranti in ferro dell’Arengario. Gli operai del Comune hanno montato il ponteggio lungo la facciata nord del monumento medievale, da dove tre settimane fa si era staccato uno dei vecchi impianti di consolidamento, realizzati attorno al 1840. Proprio la messa in opera del ponteggio ha tuttavia creato qualche perplessità: la struttura è stata ancorata alla facciata con dei perni in acciaio infilati direttamente nei mattoni dell’Arengario, un edificio vecchio di 700 anni tutelato dalle Belle Arti, anche se più volte rimaneggiato.
«Non si può fare diversamente, anche per realizzare i precedenti interventi di restauro, come quello del 1986 (quando fu costruita la scala di sicurezza, ndr) si è proceduto in questo modo- spiega l’architetto Bruno Lattuada, dirigente del coordinamento Lavori pubblici del Comune-, da questo punto di vista l’Arengario è pieno di buchi, in passato praticati per appendere striscioni o cavi elettrici». Due le precauzioni da prendere, in questi casi: i buchi vanno ovviamente prodotti col minor impatto possibile e senza ledere parti strategiche del monumento. Inoltre vanno poi richiusi occultando il lavoro effettuato. Nessun ”effetto gruviera”, insomma, o almeno si spera.
L’intervento avviato prevede la messa in sicurezza del tirante rimasto, mentre un fabbro ne monterà uno nuovo destinato a sostituire quello asportato dai pompieri l’8 aprile scorso. Un intervento resosi necessario dopo l’allarme lanciato da una commerciante di piazza Roma, che si era accorta di un tirante pericolante. I pompieri lo avevano tagliato in due parti smontandolo e controllando anche gli altri tiranti, risultati corrosi. Per sicurezza l’area sotto la facciata era stata subito transennata.
Quello in corso è solo un antipasto del progetto di riqualificazione che il Comune sta predisponendo per l’Arengario, costruito nel XIII secolo e più volte restaurato, con un ultimo intervento effettuato nel 1998.
Il nuovo restauro costerà 500.000 euro, e prevede la pulizia del tetto da muschi e piante cresciute tra gli interstizi del palazzo medievale, ed altri interventi conservativi.
Giuliano Da Frè