Mio nipote, in difficoltà per Covid, ha messo un magnete sul contatore dell’energia. Se pagassi io il danno?

I problemi delle attività commerciali in tempi di pandemia e una nonna generosa. Risponde l’avvocato Marco Martini del Foro di Monza (www.studiolegalemartinizecchetti.com)
Il tribunale di Monza
Il tribunale di Monza

Buongiorno, mio nipote ha aperto da qualche tempo un esercizio commerciale, con molte difficoltà economiche, anche perché un anno dopo l’apertura è arrivato il Covid. Probabilmente per provare a restare aperto, per risparmiare qualche euro, ha pensato bene di seguire il consiglio di un amico e ha messo un magnete sul contatore dell’energia elettrica. Un ispettore dell’ente ha però poi verificato la presenza di questo magnete ed è stato denunciato ed ha un procedimento penale.
Voglio aiutarlo, risarcendo il danno che viene lamentato dalla società elettrica e penso che se dovessi ripagare il danno patito dalla stessa, verrebbe rimessa la querela e la vicenda penale si potrebbe chiudere.
È possibile? Mi aiuti con la sua risposta.
Lucia

Gentile signora,
si tratta di una ipotesi di furto, aggravato dall’uso del mezzo fraudolento. Purtroppo per suo nipote la Cassazione, con sentenza in udienza pubblica del 22.2.2018, sezione quinta, ha stabilito che si tratta di un furto aggravato con una circostanza come quella di cui all’art. 625 comma 2 C.P.

La Corte Suprema ha richiamato un provvedimento delle Sezioni Unite (Cass. Pen. SSUU 40354, del 18 luglio 2013) secondo cui l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento deve delineare “ … una condotta posta in essere nel corso dell’azione delittuosa dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea quindi a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità…”.

Secondo la Cassazione, seguendo questo dettato, la visibilità esterna del magnete non elimina l’insidiosità del mezzo fraudolento perché si tratterebbe di un oggetto facilmente occultabile ed utilizzabile senza lasciare traccia sul contatore.

Si tratta quindi un furto aggravato dall’uso del mezzo fraudolento che lo rende procedibile di ufficio, sia che ci sia, come nel nostro caso, la querela, da quel che mi pare di comprendere dalla lettura della sua lettera, sia che la querela non sia stata proposta, sia che la querela venga rimessa dalla società di energia elettrica, magari dopo accordi previo ristoro del danno.

Ne segue che, a prescindere dalla volontà di risarcire il danno, il procedimento andrà avanti comunque, d’ufficio.

Una soluzione possibile del caso di suo nipote è ricorrere all’ipotesi di cui si è già narrato su queste colonne, della messa alla prova, con risarcimento del danno alla persona offesa (sempre la società elettrica); oppure a quella del patteggiamento.

In linea teorica si dovrebbe pure considerare, se si trattasse di un danno economico contenuto, e di un fatto non abituale (se fosse stato per esempio per un periodo di tempo limitato) all’ipotesi prevista dall’art. 131 bis C.P., ovvero alla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

Tuttavia osta, allo stato, il dettato del comma primo del citato articolo, che pone il limite edittale di cinque anni (ritenendolo quindi applicabile ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni), letto insieme al quarto comma, che vieta un giudizio di comparazione tra le circostanze. Il furto semplice (art. 624 C.P.) ha una cornice edittale (sei mesi nel minimo e tre anni nel massimo) che consente l’applicazione di questa ipotesi; il furto aggravato dall’art. 625 comma 2 C.P. va da due anni a sei anni, per la pena detentiva. In linea ipotetica, quando si tratta di un accordo sulla pena, il c.d. patteggiamento, la pena del furto aggravato diventa quella del furto semplice, in caso di concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti o prevalenti sull’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento.

Nel caso dell’art. 131 bis C.P., per come ha recentemente statuito la Corte di Cassazione (sentenza 49172, sezione IV, 4.12.2019), decidendo proprio su una vicenda identica a quella di suo nipote, è stata esclusa l’applicabilità dell’ipotesi sopra ricordata, atteso che ai fini della determinazione della pena detentiva si deve tenere conto delle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale; e tra queste rientrano senza dubbio le aggravanti di cui all’art. 625 C.P. e quindi anche quella dell’uso del mezzo fraudolento.

La speranza, in senso deflattivo, è quella che il Legislatore o la Corte Costituzionale (che però si è già espressa in parte sulla questione) o la Corte di Cassazione intervengano, consentendo di applicare, soprattutto in caso di intervenuto ristoro del danno, l’ipotesi di cui all’art. 131 bis anche ai casi come quello di suo nipote, evitando cosi di aumentare il carico di lavoro di Tribunali già soffocati da un notevole carico di lavoro.

Avv. Marco Martini *

* Iscritto all’ordine degli avvocati di Monza dal 1997. Nato a Vicenza e dal 1984 vive a Monza, ha frequentato il liceo classico Zucchi e si è poi laureato presso l’Università statale di Milano. Socio fondatore della Camera penale di Monza, ha conseguito diploma della Scuola di Alta specializzazione della UCPI; iscritto alle liste del patrocinio a spese dello Stato, delle difese d’ufficio, si occupa in via esclusiva di diritto penale carcerario e societario.