Mio figlio risolve i puzzle nelle app ma si arrabbia molto con quelli veri: è un problema?

Risponde la dottoressa Giulia Casiraghi, terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva.
Sos genitori bambino puzzle -  foto creata da freepik - it.freepik.com
Sos genitori bambino puzzle – foto creata da freepik – it.freepik.com

Mio figlio è molto bravo a fare i puzzle nelle app di giochi per bambini, ma non è capace di fare quelli non virtuali, quando non riesce si arrabbia e lancia il puzzle in giro. Può essere un problema?

Buongiorno, molti bambini si trovano in questa situazione, rapidi e abili con lo smartphone e più impacciati nella quotidianità.

Provo a farle vedere la questione da una prospettiva più ampia.

Per riuscire a svolgere correttamente un’azione è necessario usare più abilità e coordinarle. Per esempio per fare il puzzle dobbiamo osservare i pezzi, quindi usiamo la vista sia per forma, colore e disegno, dobbiamo toccare i pezzi per ruotare nella posizione corretta, coordinare le dita per incastrarli, immaginare dove quel pezzo potrà essere messo in base alla figura da ricostruire.

Intanto, mentre facciamo questi “ragionamenti”, ci arrivano informazioni che ci dicono se la cosa che stiamo facendo è corretta o meno, da lì ci riprogrammiamo per una nuova strategia.

Questo è ciò che accade in modo semplice nel cervello.

La invito a pensare quante abilità in meno richiede un’applicazione per fare i puzzle.

Sia dal punto di vista visivo, ma soprattutto tattile, non permettendo al bambino di fare un’esperienza della tridimensionalità degli oggetti.

Ultimo, ma non per importanza, i programmi di giochi, forniscono immediatamente una risposta segnalando se l’azione è corretta o sbagliata ai fini del completamento del puzzle.

Questo nella realtà non accade, quindi il bambino non ha una risposta immediata su quanto stia facendo bene, deve usare le sue abilità per capire se quel pezzo si incastra o meno.

Nella realtà non può andare in modo casuale per tentativi, ma deve ogni volta fare un ragionamento, che se non abituato a fare, si lo porterà in una situazione di frustrazione, dove potrebbe arrabbiarsi perché non riesce a portare a termine il puzzle.

Giulia Casiraghi *

* Laureata all’Università di Milano Bicocca, è TNPEE – Terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva. Iscritta all’albo professionale dei terapisti della neuropsicomotricità dell’età evolutiva n°448. Si occupa di età evolutiva, in particolare segue bambini e ragazzi tra zero e 18 anni con disturbi del neurosviluppo. Lavora come libera professionista a Milano e nella provincia di Monza e Brianza. Per info: mail, Facebook, Instagram.