Meno rischiin sala operatoria

Donato agli Ospedali Riuniti un tromboelastografo, uno strumento per il monitoraggio della coagulazione molto utile negli interventi chirurgici che causano importanti sanguinamenti.
Meno rischiin sala operatoria

D’ora in poi il monitoraggio del sistema di coagulazione del sangue potrà essere fatto direttamente in sala operatoria grazie al tromboelastografo che l’Associazione Amici del Trapianto di Fegato ha donato agli Ospedali Riuniti. Consentendo un controllo affidabile e tempestivo della coagulazione, il tromboelastografo è usato soprattutto negli interventi chirurgici che portano a sanguinamenti importanti, come i trapianti e le operazioni di cardiochirurgia.

Conosciuta anche con il nome di emostasi, la coagulazione è un processo dinamico e complesso, con il quale il nostro corpo tiene sotto controllo la formazione dei coaguli, senza causare emorragie o trombi. Come molti processi del nostro organismo, la coagulazione è però anche un processo delicato, che può essere influenzato da diverse patologie e da alcune procedure chirurgiche, che possono causare repentini spostamenti da una condizione emorragica a una pro-trombotica.

Il tromboelastografo in 15 minuti restituisce ai clinici una visione d’insieme delle alterazioni coagulative dei pazienti, consentendo loro di procedere a trasfusioni di sangue più mirate e aiutandoli nella scelta degli emocomponenti più appropriati in base alla situazione del paziente. Questo può contribuire a ridurre il numero di trasfusioni e portare a trattamenti più tempestivi e adeguati.

“E’ come avere un piccolo laboratorio a fianco del paziente – ha spiegato Valter Sonzogni, direttore del Dipartimento di emergenza – urgenza e alta specializzazione e primario del reparto di Anestesia e rianimazione 1 degli Ospedali Riuniti -, che in pochi minuti restituisce la valutazione delle problematiche coagulative e ci dice perché sta sanguinando. In questo modo possiamo bilanciare subito gli squilibri del sistema coagulativo, senza dover aspettare i referti del laboratorio analisi, che hanno tempi tecnici legati al trasporto fisico dei campioni, o senza dover somministrare sacche intere di sangue quando in realtà al paziente servono solo le piastrine o solo il plasma.”

“Ringrazio l’Associazione Amici del Trapianto di Fegato che ha preso a cuore questa esigenza – ha commentato il direttore generale degli Ospedali Riuniti, Carlo Bonometti – e tutti coloro che hanno contribuito, attraverso l’Associazione, alla raccolta dei fondi necessari all’acquisto di questa utilissima apparecchiatura. Questa donazione dimostra ancora una volta quanto i bergamaschi e il mondo del volontariato siano vicini al nostro ospedale”.

“Questo risultato è il frutto dell’intensa attività dell’Associazione – ha commentato Valentina Lanfranchi, vice presidente dell’Associazione Amici del Trapianto di Fegato – che non perde occasione per scendere in piazza e parlare con i cittadini di temi così complessi e delicati come la donazione e il trapianto. I bergamaschi ancora una volta si sono dimostrati molto generosi e hanno capito l’importanza di questo progetto, rispondendo con entusiasmo ai nostri appelli. Vorrei ringraziare anche Marco Bozzoli, trapiantato di fegato e membro della nostra associazione, che ha seguito direttamente e personalmente l’iter di acquisto e consegna dello strumento. Ora la macchina è a disposizione di tutti i reparti chirurgici degli Ospedali Riuniti e credo sia un valore aggiunto per tutti, operatori e pazienti”.

Strumento perfetto per bilanciare gli effetti collaterali delle più avanzate frontiere della chirurgia complessa, come i massicci sanguinamenti, il tromboelastografo si basa su un’intuizione degli anni quaranta dell’ingegnere tedesco Helmut Hartert: per valutare la capacità coagulativa del sangue, inventò un sistema basato su un pendolo appeso a un filo sospeso in un campione di sangue, in cui il segnale derivato dal movimento del pendolo forniva delle informazioni specifiche sulla qualità dei componenti del sangue e sulla loro combinazione.

“Il concetto di funzionamento è lo stesso degli anni ’40, ma la tecnologia è moderna e molto sicura – ha concluso Sonzogni -. In pratica mettiamo una piccola quantità di sangue in un apposito contenitore monouso, all’interno del quale si trova sospeso un ago legato a un filo metallico. Grazie a un movimento oscillatorio il sangue coagula e aderisce al perno. La velocità e l’entità della formazione del coagulo vengono trasferite a un traduttore elettromagnetico. Attraverso un apposito software questi parametri vengono analizzati e tradotti in tracciati che consentono al clinico di valutare i disordini coagulativi e quindi decidere il trattamento più adeguato”.