Lissone – Abitava in città l’uomo di 37 anni freddato ieri mattina con due colpi di fucile sparati a bruciapelo dal padre a Campli, in provincia di Teramo, in Abruzzo. Si chiamava Giuseppe Raimondo, era agente della polizia locale a Mariano Comense. L’omicidio si è consumato ieri mattina, qualche minuto prima delle 8, mentre Raimondo era ancora a letto. Il primo colpo l’ha raggiunto al petto, il secondo, al volto, lo ha ucciso probabilmente senza che si rendesse conto che a sparargli era il padre, Vincenzo, 77 anni.
Omicidio dettato dalla disperazione – Un omicidio che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato dettato dalla disperazione, dal clima pesante che da tempo si respirava in quell’appartamento di Campli, a poche decine di metri dall’ospedale. Giuseppe Raimondo viveva a Lissone ma da sempre, quando non era in servizio, tornava in Abruzzo, dove i genitori da una decina di anni si erano stabiliti, provenienti da Palermo. Si trovava a Campli da circa un mese, da quando era in malattia. Nell’appartamento al momento dell’omicidio era presente anche la madre, Maria Teresa Caporale, trovata sotto shock dai sanitari del 118. Il fratello minore, Gabriele, era invece a messa, come è solito fare ogni giorno di Quaresima. A dare l’allarme sono stati alcuni vicini di casa che, dopo aver sentito gli spari, hanno chiamato il 112. I primi a intervenire sono stati i carabinieri della locale stazione, coordinati dal maresciallo Marino Capponi.
Carabina irregolarmente detenuta – I militari hanno trovato Vincenzo Raimondo che vagava poco lontano da casa, per le vie del paese, e lo hanno fermato con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Irregolare la detenzione della carabina calibro 12 a canna sovrapposta usata per sparare al figlio, regolarmente denunciata in Sicilia ma portata senza comunicazione a Campli. A interrogare l’anziano, in caserma, il capitano della Compagnia di Alba Adriatica, Pompeo Quagliozzi, mentre i carabinieri del reparto operativo, diretti dal capitano Nazario Giuliani, hanno effettuato le verifiche tecniche. Sul luogo dell’omicidio il medico legale, Giuseppe Sciarra, che domani dovrebbe eseguire l’autopsia sul cadavere, e il sostituto procuratore Davide Rosati, titolare dell’indagine.
Situazione familiare difficile – Dalle prime ricostruzioni sarebbe emersa una triste storia familiare. Giuseppe Raimondo da diverso tempo non stava bene ed era in cura nel reparto di psichiatria di Teramo. Una crisi che avrebbe avuto ripercussioni anche in famiglia. I vicini avrebbero raccontato ai carabinieri di frequenti litigi. In Procura, Vincenzo Raimondo si è avvalso della facoltà di non rispondere ed è stato rinchiuso in una cella del carcere di Castrogno in attesa dell’udienza di convalida del fermo. Dietro all’episodio di violenza si aprono ora tanti interrogativi. La difficile situazione della famiglia sarebbe stata a conoscenza di molte persone eppure nessuno sarebbe intervenuto in aiuto della famiglia. Giuseppe Raimondo raggiungeva da solo l’ospedale di Teramo per sottoporsi alle cure, in un’occasione sarebbe anche stato sottoposto a un trattamento sanitario obbligatori. Eppure gli anziani genitori avrebbero fronteggiato lasituazione da soli, senza l’assistenza di strutture adeguate. Fino a quando Vincenzo Raimondo ha imbracciato il fucile. Per evitare, avrebbe detto, che il figlio potesse diventare pericoloso.
Antonella Crippa