Lentate, stipendio da guinnessSaccarta, busta paga da 30 euro

Lentate sul Seveso – Attendere con ansia l’arrivo della busta paga, aprirla e ritrovarsi invece dell’importo dovuto al massimo 30 euro. É accaduto per due mesi consecutivi a una quindicina di dipendenti della “Saccarta”, l’impresa di via Tonale a Copreno salita agli onori della cronaca più che altro per la prospettiva di realizzare un nuovo capannone. In parallelo però l’azienda per continuare l’attività, da diversi mesi ha chiesto l’attivazione degli ammortizzatori sociali, ossia della cassintegrazione coinvolgendo venti dei sessanta lavoratori. I tempi di liquidazione dell’Inps (da cui arrivano i soldi della cassintegrazione) sono piuttosto lunghi, cinque mesi, e così in alcuni casi la “Saccarta” ha anticipato il denaro attraverso il Tfr dei dipendenti, in attesa che poi l’istituto previdenziale appianasse tutto, ma il maggio scorso e ancora in questo mese di giugno qualcosa non ha funzionato e quindici dei venti lavoratori si sono ritrovati con una cifra a uno zero: 30 euro.

Troppo poco per far quadrare il bilancio familiare, anzi è impossibile. In settimana c’è stato un confronto tra impresa, sindacato e lavoratori. I coinvolti sono soprattutto donne e categorie protette. A spiegare cos’è accaduto ci pensa Pietro Savino della Cisl rappresentante sindacale: «L’Inps paga cinque mesi dopo l’attivazione della procedura di cassintegrazione, ma logicamente i lavoratori non mangiano una volta ogni cinque mesi. Solitamente sono le aziende che anticipato l’importo, in questo caso si è optato per un anticipo del Tfr, successivamente appianato con l’arrivo anche degli arretrati da parte dell’Istituto previdenziale.

Però non tutti i dipendenti coinvolti dalla cassintegrazione hanno un cumulo di trattamento di fine rapporto così elevato e per questo motivo si è registrato il disguido. Informati, abbiamo subito chiesto un incontro con la proprietà, sottolineando come la Provincia di Monza e Brianza abbia suggellato un patto con le banche, che s’impegnano ad anticipare loro la somma, che naturalmente riceveranno poi dall’Inps». La situazione dovrebbe quindi tornare alla normalità già dal prossimo mese di luglio, quando arriverà lo stipendio, ma viene da chiedersi perché i sindacati o l’azienda non abbiamo intrapreso anticipatamente questa soluzione, evitando così ai quindici dipendenti (i restanti cinque in cassintegrazione hanno un Tfr sufficiente) di dover subire l’umiliazione di ricevere 60 euro in due mesi. Certo per loro la soluzione ottimale sarebbe tornare al lavoro. Cristina Marzorati