Monza – È troppo popolosa e troppo forte economicamente: per questo nessuna provincia lombarda vuole unirsi alla Brianza. Tutte poi, indistintamente, sarebbero costrette a fare un passo indietro e riconoscere Monza come capoluogo, come prevede il testo della spending review. Lo scettro, è stato deciso a Roma, spetterà alle città più grandi dei nuovi territori a meno che le singole aree non raggiungano accordi differenti. In pochi sarebbero disponibili a inchinarsi di fronte alla provincia più recente: lo sarebbe meno di altre Como che butta sul tavolo la storia del proprio ente.
Eppure il tempo stringe: i Consigli delle autonomie delle singole regioni hanno a disposizione settanta giorni per disegnare le nuove cartine delle province che dovranno avere almeno 350.000 abitanti e una superficie di 2.500 chilometri quadrati. Trascorso quel termine le Regioni, entro venti giorni, dovranno ratificare o modificare le proposte che saranno poi inviate al Governo per l’approvazione definitiva. L’iter dovrebbe concludersi entro l’autunno con l’approvazione di un decreto che, sembra di capire dalle ultime indiscrezioni, confermerà l’elezione diretta degli enti intermedi, che rimarranno di primo livello.
In via Grossi, intanto, si fanno i conti degli effetti degli ultimi tagli: «Non mi sento- afferma l’assessore al Bilancio Alberto Grisi- di lanciare allarmi. In Brianza continueremo a garantire i servizi ai cittadini: le scuole superiori non rimarranno al freddo e gli autobus non saranno fermati». Eppure la giunta potrebbe essere costretta a rinunciare ad altri 3.000.000 di euro: «Il preventivo- aggiunge l’amministratore- è molto prudenziale e, anche dopo la sua approvazione, stiamo continuando a tenere i rubinetti chiusi e a lavorare in dodicesimi mentre ogni spesa straordinaria viene autorizzata dal direttore generale. Se riusciremo a vendere gli uffici di piazza Cambiaghi, gli appartamenti di Limbiate e una parte delle azioni di Asam dovremmo farcela a non sforare».
Se, però, il bando per le alienazioni che sarà pubblicato a breve andrà deserto qualche problema ci sarà: è vero che i proventi delle quote della società finanziaria dovrebbero servire a estinguere anticipatamente i mutui ma, a quel punto, Monza dovrà solo sperare di incassare da Palazzo Isimbardi la dote per il passaggio da Milano alla Brianza di Busnago, Caponago, Cornate d’Adda, Lentate sul Seveso e Roncello avvenuto nel dicembre 2009. «Anche in questo caso – commenta Grisi – siamo stati prudenti tanto che in Bilancio abbiamo inserito 7.000.000 a fronte dei dieci che ci spettano».
Monica Bonalumi