Monza – Si sposta con i mezzi pubblici e la bicicletta, ha sempre vissuto in un piccolo appartamento e per pagarsi gli studi ha fatto addirittura il buttafuori nei locali. E poi odia il lusso. Papa Francesco, nomen omen.
Tanti aneddoti dietro alla figura del primo Papa gesuita della storia millenaria della Chiesa. Secondo gli annali, è il primo papa extraeuropeo della storia. Molto attento ai poveri, schivo, riservato (anche se dal suo primo approccio con i fedeli, in piazza San Pietro, non sembrerebbe), secondo i ben informati già nel 2005 aveva ”rischiato” di divenire Vescovo di Roma.
Rischiato, sì, almeno secondo chi racconta che era talmente atterrito dalla prospettiva che addirittura scongiurò i suoi sostenitori di non votarlo. Eppure nonostante tutto prese numerose preferenze tanto da restare l’unico vero concorrente del futuro Papa Benedetto XVI.
Secondo altri invece il grande sostegno a Bergoglio fu solo una manovra per mettersi di traverso alla corsa del (futuro) Papa tedesco. Fatto sta che otto anni dopo il Vescovo di Buenos Aires è diventato Papa. Forse non indosserà le scarpe rosse del suo predecessore: quando nel 2001 fu ordinato cardinale obbligò letteralmente i suoi compatrioti a restare in Patria invece di raggiungere Roma per festeggiarlo e di donare i fondi raccolti ai poveri.
Un progressista? Se vero è che non ha mai approvato l’eccessiva rigidità della Chiesa in materia di sessualità e la sua autoreferenzialità, c’è anche chi l’ha accusato di connivenza con il regime argentino dei generali degli anni Settanta quando contestò duramente l’apertura dei gesuiti alla Teologia della Liberazione. Se così fosse, tuttavia, non si spiegherebbe perchè nel 2000, anno santo, per le colpe commesse negli anni della dittatura, fece “indossare” alla sua Chiesa argentina le vesti della pubblica penitenza.
Anche negli studi, di Jorge Mario Bergoglio non è un uomo comune: diploma in chimica, lauree umanistiche.
Dalla sua esperienza di evangelizzazione in Argentina vorrà sicuramente esportare il modello, questo: «Si deve andare verso la periferia, evitare la malattia spirituale della Chiesa autoreferenziale: quando lo diventa, la Chiesa si ammala. È vero che uscendo per strada, come accade a ogni uomo e a ogni donna, possono capitare degli incidenti. Però se la Chiesa rimane chiusa in se stessa, autoreferenziale, invecchia».