Monza – Monza ai monzesi, la bandiera in mano a chi il biancorosso c’è l’ha tatuato sul petto. E più dentro. Un tentativo, quello di accostare il nome del 1912 al territorio che è vecchio quasi quanto la sua storia, almeno recente. E che puntualmente rimane disatteso, addormentato nell’indugio che il principe arrivi con tanto di carrozza in via Ragazzi del ’99. Di certo non è d’azzurro vestito il buon Davide Erba, presidente della Stonex e soprattutto della Fiammamonza, uno che potrebbe o avrebbe potuto entrare con capitale fresco per salvare il vecchio Calcio Monza. Nossignore, Erba dice di no, anche se lusingato dall’accostamento del suo nome a quello della società che solo un pugno di anni fa si è giocata per due stagioni l’accesso alla serie B.
Il Monza lo comprano in dieci Una cordata per salvarlo
Tra mille problemi e una corsa contro il tempo c'è una squadra di investitori locali. E Seedorf rimane. La cordata sarebbe pronta a intervenire per salvare i biancorossi prima che le casse restino vuote. La svolta sembra essere vicina.

Eppur si muove qualcosa, se è vero che contatti per avviare il piano Marshall pallonaro l’imprenditoria brianzola sembra averlo già meditato. Non che sia nuova la voce di una cordata locale pronta a rilevare dall’attuale dirigenza orange l’intero pacchetto. Ma di certo, nelle ultime ore, c’è che qualcuno si sta effettivamente facendo avanti. Tanto che anche dalle parti di viale Petrarca qualcosa a denti stretti filtra, soprattutto da parte di chi ha già dato la propria disponibilità a entrare in squadra e scendere in campo per rilevare il Monza. E chissà che a quel punto l’Erba di turno, alleggerito dalla responsabilità di avventurarsi da solo nella poco redditizia Lega Pro di oggi, non vinca i timori ed esca finalmente allo scoperto.
Imprenditori locali, gente coi danè, ma soprattutto con il tanto ricercato pedigree mosciasco e quell’attaccamento alla squadra che più d’uno forse non ha mai trovato degli attuali padroni del vapore: tutto ruota attorno alla capacità di coordinamento di questa cordata, comunque consapevole che il malato Monza ha bisogno di una cura in tempi brevi. Perché come con puntualità svizzera l’amministratore delegato Nicola Rigamonti ha ricordato, «servono capitali o si rischia di portare i libri in Tribunale», il tempo del Monza sta per giungere al termine. Clarence Seedorf, che di soldi e tempo da riversare sul Brianteo non ne ha più da mesi, di lasciare del tutto la nave non ne ha l’intenzione.
E anzi, in caso di ingresso in società di nuovi soci, resterebbe al suo posto con quota minoritaria. Perché se è vero che i rubinetti chiusi e la mancanza di prospettiva ha ridotto il Monza Brianza a inquilino stabile della coda di classifica, resta il fatto che il milanista non ha abbandonato la nave già a inizio stagione, quando la sua volontà di disimpegno era già stata resa nota. Altro che schettino d’Olanda, Seedorf è restato al suo posto evitando di staccare la spina, consentendo se non altro che l’agonia biancorossa si protraesse sino a oggi. A questo punto però è il territorio, che più volte ha rivendicato la monzesità del suo Monza, a dover uscire allo scoperto.
Nascondersi dietro a un dito non ha più senso, visto che ne va della sopravvivenza di una società che sulla torta in mezzo al tavolo conta già le sue cento candeline. «Mai dire mai», disse poche settimane fa Massimo De Salvo, uno che oggi guida il Novara in serie A ma che di fronte a un futuro contributo a Monza non se la sentì di essere categorico. Anche se, erano state le parole proprio di De Salvo, «il futuro del Monza passa innanzitutto dal legame con il suo territorio: dai tifosi alle istituzioni e all’imprenditoria».