Il simbolo di questa, bella, storia è un baobab. E in questo non c’è proprio nulla di banale. La onlus Amico Senegal ha compiuto dieci anni e di strada ne ha veramente percorsa tanta. Così tanta che ora la distanza tra Monza (e la Brianza) e l’Africa, il Senegal e la Guinea Bissau, quasi pare essersi ridotta. Sarà per tutti i chilometri macinati dai volontari, avanti e indietro da quei luoghi che sono divenuti per loro una nuova casa. Sarà un po’ anche per quel baobab che ha fatto capolino negli spazi dell’oratorio di San Biagio, durante i festeggiamenti per l’anniversario.
Una pianta che non è spuntata dal nulla, ma che racconta la storia dell’associazione: il baobab arrivò a Monza esattamente due lustri fa, con il ritorno di Francesca (colei che diede il via a questa bella storia, ndr) e di Cristina, che quella pianta l’ha regalata ai suoi genitori. Dal palmo di una mano, ora il baobab campeggia in un gigantesco vaso, superando il clima non proprio adatto di Monza e mostrandosi a tutti forte, massiccio, pieno di vita. Proprio come Amico Senegal e i suoi volontari.
L’associazione è una storia di famiglia. Un po’ perché i primi a sostenere la voglia di Francesca di aiutare gli altri furono i suoi genitori e i fratelli, travolti dal suo entusiasmo dopo un viaggio in quei luoghi; un po’ perché con il passare degli anni la onlus è divenuta una vera famiglia allargata, dove ognuno dà un contributo, diverso ma indispensabile. Tappa dopo tappa, viaggio dopo viaggio, da quel primo obiettivo del 2006 di fornire un aiuto concreto ai problemi quotidiani delle religiose che si occupano di un orfanotrofio e di scuole materne ed elementari a Oussouye e Cabrousse, nella regione Casamance, nel sud del Senegal, si è arrivati sino ad oggi, con oltre 400 bambini e ragazzi sostenuti nelle loro spese scolastiche, un orfanotrofio che è divenuto accogliente per ospitare circa 60 bambini, una materna degna di chiamarsi tale e più grande, un luogo decoroso dove le donne posso partorire, assistite da personale preparato.
E ancora una piccola maternità che ha portato “Amico Senegal” oltreconfine per evitare che partorienti della Guinea Bissau percorressero viaggi pericolosi e interminabili per dare alla luce i loro figli e mezzi di trasporto che portano sicurezza a religiose e operatori. E l’elenco è ancora sommario. La onlus, per esempio, continua ad aiutare Frank, giovane che ha potuto frequentare le scuole grazie all’impegno dei volontari e che ora, diventato grande, ha mostrato capacità e volontà per frequentare un corso universitario. Amico Senegal non ha perso l’occasione: i soci hanno finanziato una borsa di studio per lui, che oggi può studiare Economia e sperare di aiutare, in futuro, il suo popolo.
Sanno di essere piccoli, quelli di Amico Senegal, molti piccoli, rispetto ai bisogni di quei territori e dell’Africa intera, ma non si scoraggiano mai. E la loro forza sta proprio nei piccoli passi, compiuti in silenzio e senza intermediari, direttamente con l’aiuto degli amici del posto. Piccoli passi che hanno permesso traguardi non immaginabili all’inizio dell’impegno. Questa forte fiducia nel progetto ha portato anche grandi realtà come la Flou di Meda, leader nel settore arredamento, a dare un aiuto ai volontari, con contributi e raccolte di materiale per le scuole e i vicini villaggi.
Davanti alla scuola materna ampliata una targa dedicata al fondatore di Flou, Rosario Messina, scomparso di recente, ricorda l’impegno dell’azienda brianzola e la felice combinazione tra imprenditoria, solidarietà e “voglia di fare”. Da cosa, poi, nasce cosa: a Oussouye e Cabrousse ormai osano anche chiedere agli amici monzesi nuovi aiuti. Le suore Figlie del Santo Cuore di Maria non si sentono più sole nel mare dei loro bisogni. Finito un progetto, ce n’è subito un altro che bussa alla porta. E, piano piano, si riesce a fare tutto. A volte è il passa-parola che dà una mano, a volte proprio l’intraprendenza e la fiducia senza limiti.
Il progetto più recente? Un pick up arrivato per aiutare le suore dell’orfanotrofio negli spostamenti. I primi a compiere viaggi, più volte all’anno, sono Luisella e il marito, i genitori di Francesca. A loro si uniscono sempre anche altri volontari. A volte arrivano pure gli amici degli amici e allora si parlano tutte le lingue del mondo.
«A volte siamo in dieci, a volte molti di più – racconta Luisella – e la nostra non è certo una storia di famiglia, ma una storia condivisa da tante persone che ci hanno dato fiducia e aiutato nei progetti, talvolta anche inaspettatamente». Ma la fortuna aiuta gli audaci. E da Francesca in poi, qui, sono uno più audace dell’altra. Per il bene dell’Africa e dei suoi bambini.