Hong Kong, il «porto dei profumi», non è soltanto una delle più grandi metropoli del pianeta, è un territorio articolato in un delicato «squilibrio» di verde, cemento e oceano che ha sviluppato un suo proprio carattere in bilico fra Oriente e Occidente. Fino al 1997 colonia inglese e oggi porta d’ingresso dell’enorme mercato della Cina continentale, Hong Kong è micro regione di 1.104 chilometri quadrati ricca di sorprese quanto lo può essere un immenso mercato popolato da oltre sette milioni di abitanti. La doppia natura cittadina è infatti consolidata da decenni: un porto di mare e un crocevia aperto al commercio nel senso più variegato.
Lo spirito mercantile pervade tutto in Hong Kong, dai fruttivendoli lucidatori di mele e manghi ai raccoglitori di cartoni usati, dai propinatori di magliette e cellulari agli operatori immobiliari e dell’alta finanza. Ed è per questo che ogni parte di Hong Kong sembra in perenne movimento, uno scorrere incessante che passa dai traghetti dell’Ocean terminal alle bancarelle del Ladies market: vendere, spostarsi, comprare. E’ una città che non conosce quiete, anche i palazzi, sembrano in procinto di spostarsi e forse per questo li trovi spesso imbragati da ponteggi di resistente bambu.
Trasporti
Benchè la densità di abitanti sia 6.076 persone per chilometro quadrato e il territorio sia ampiamente urbanizzato, muoversi nella giungla d’asfalto di Hong Kong non è complicato. Dall’ampio e luminoso aeroporto internazionale si raggiungono le principali destinazioni sulla penisola di Kowloon e sull’isola di Hong Kong salendo a bordo del rapido Airport express.
Basta acquistare una tessera (valida anche per il ritorno) e in circa mezz’ora di viaggio passando per Sunny bay e l’isola Tsing Yi ci si immerge nei tunnel che attraversano la metropoli. Giunti alla meta, senza neppure uscire dalla stazione, si possono sfruttare le navette gratuite che conducono ai principali hotel della zona. Se la vostra destinazione non è tra le prefissate, le strade sono piene di taxi biancorossi e le corse sono a costi abbordabili. Ma quando si prendono le misure della città, il sistema più rapido e pratico per spostarsi è la metropolitana.
Esistono sei linee che si connettono al sistema ferroviario toccando la Victoria harbour da un capo all’altro e insinuandosi per Kowloon e i Nuovi territori a nord, al confine con la Cina. All’uscita delle fermate del metrò sono indicate le principali attrazioni del quartiere: parchi, templi, musei, centri commerciali utili per orientarsi e organizzare un percorso. Si possono acquistare biglietti per corse singole, ma conviene munirsi della Octopus card, una sorta di carta ricaricabile che addebita all’uscita l’importo riferito alla tratta percorsa. Inoltre la card è utilizzabile in minimarket e ristoranti che praticano sconti su acquisti e pasti. Sempre con la Octopus card è possibile viaggiare sulla rete degli autobus pubblici e sui mitici tram di Hong Kong. I tram a due piani di stile inglese al costo irrisorio di due dollari (di Hong Kong ossia due centesimi) trasportano passeggeri da un capo all’altro della sponda nord della baia: si può così varcare agevolmente il traffico di Queen’s road invasa da negozi e vetrate di grandi magazzini, sbirciando per le rampe stipate di bancarelle che conducono ai mid levels, approdare al verde stadio di Happy valley – meta d’obbligo per gli appassionati di corse di cavalli – o al Victoria park che si affaccia sulla Causeway way, rifugio di battelli e barchette d’ogni età.
Cibo
Davvero difficile patire la fame a Hong Kong, esistono infatti possibilità per tutti i gusti e le tasche. Avete fretta? Potete servirvi a un minimarket con panetteria giapponese o a un chiosco che vende patate dolci e pannocchie bollite. Siete esausti? Ci sono sale da tè e banchetti con drink energetici. La colazione del mattino non vi è bastata? Ecco negozietti che vendono frutta ricoperta di cioccolato oppure rinfrescanti gelati allo yogurt. E per tutto questo bastano poche decine di dollari, in sostanza restiamo nell’ordine dei due euro.
Quando scocca mezzogiorno vedrete formarsi file all’ingresso dei ristoranti migliori, che non necessariamente sono segnalati da insegne e vetrine appariscenti. Per scoprire le carte, anzi la carta del menu che fortunatamente ha sempre versione inglese e foto dei piatti, occorre attendere in coda, magari con il biglietto che indica il proprio turno. Il pesce è ovviamente l’ingrediente principe, ma sicuramente pollo e maiale non sono da meno e le varianti sono innumerevoli: fritto, bollito, in brodo e naturalmente arrosto con contorni di riso e verdure. Le saporite sorprese stanno in ogni boccone declinato nel binomio piccante-agrodolce. Nella tarda mattinata e nel pomeriggio la clientela abitualmente si accalca nei locali che servono il dim sum, ossia tè, riso, ravioli di carne cotti al vapore, verdura e polpette di manzo e maiale.
Le catene dei fast food sono frequentate, ma in buona parte da turisti desiderosi di confortarsi con un familiare hamburger. Il concetto di “cibo veloce” a Hong Kong è vecchio quanto la città. Già la mattina vedrete impiegati affrettarsi per le scale mobili con pacchettini che contengono scodelle di riso e bicchieri termici per il tè. I ragazzi si prendono pause dallo shopping sgranocchiando fritti di carne e verdure o piluccando in bustine di spaghetti di soia. Per sperimentare il cibo popolare occorre infilarsi nelle classiche botteghe di ramen (o noodles per gli occidentali) dove regnano gli spaghetti in brodo accompagnati con verdure, carne, uova o gamberetti in infinite varianti. La particolarità cinese è data dalla qualità della pasta: invece dei sostanziosi Soba o Udon nipponici troverete a mollo i ben noti spaghetti di casa nostra.
All’inizio fa un po’ strano, ma pensandoci non è stato il nostro Marco Polo a “rapirli” dalla Cina per scodellarli sulle tavole italiche? Se avete comunque una forte nostalgia della cucina europea puntate in qualche centro commerciale oppure nella caratteristica zona di Soho dove si alternano pub irlandesi, ristoranti francesi, bar spagnoli e spaghetterie classiche che ostentano il tricolore. Ovviamente queste specialità “esotiche” hanno un loro costo.
Parchi
L’impatto con l’urbanistica soffocante e il traffico intenso di Hong Kong può stordire. Non è una debolezza del turista, gli stessi residenti ne sono ben consapevoli e si sono ritagliati nel poco territorio a disposizione degli angoli verdi arredati con gusto inglese e pazienza orientale. Spazi necessari per rigenerarsi, prendersi una pausa. E così i parchi di Hong Kong sono aree curatissime e multifunzionali.
Il Kowloon park ad esempio comprende un sistema di piscine, un aviario dove zampettano fenicotteri rosa, un quieto giardino cinese meta ideale di anziani praticanti di Tai chi e la suggestiva passeggiata delle sculture. Sull’isola di Hong Kong dove il verde urbano è millimetrato, quasi strappato dall’invadenza dei grattacieli sono due i “polmoni” di rilievo: l’Hong Kong zoological e botanical garden – diviso nell’area zoo che ospita primati e lemuri e nell’ordinato giardino arredato con fontana e filari di fiori dai vivaci colori – e l’Hong Kong park. Quest’ultimo è un autentico scrigno di pace nel cuore della città che somma moderni colonnati, anfiteatri e antichi edifici come il Flagstaff – vecchia residenza del governo coloniale – trasformato in un museo del tè dove si potrà apprendere tutto su questa bevanda e le diverse tradizioni per gustarlo.
Da non perdere un passaggio nell’aviario Edward Youde: una grande cupola a rete abitata da volatili variopinti e chiassosi che accolgono il visitatore in una ricostruzione del loro habitat naturale. Il poco distante Forsgate conservatory è la versione vegetale dell’aviario: in pochi metri quadri piante grasse e una mini foresta pluviale convivono in un perfetto equilibrio. Spingendosi a Est della baia c’è il già citato Victoria park, spazio prevalentemente dedicato allo sport con campi di calcio, tennis e piscina, percorsi per jogging e attrezzi per esercizi ginnici.
Se invece preferite lo sport da spettatori, a un paio di fermate di tram troverete il complesso di Happy valley che, oltre alla sede del fotball club di Hong Kong, ospita l’ippodromo e un museo dedicato al mondo delle corse. Infatti le gare dei cavalli esercitano una grande attrazione sui residenti, nei giorni delle competizioni gli uffici delle scommesse si riempiono di speranzosi giocatori e i notiziari riportano ampie cronache su protagonisti e risultati. Ma se preferite restare “al verde” senza compromettere le vostre finanze ci sono altre mete da annotare. La fermata è quella di Diamond hill, un po’ fuori mano ma con due obiettivi di assoluto rilievo: il monastero buddista di Chi Ling, interamente costruito in legno senza un solo chiodo, con uno scricchiolante porticato ornato da pietre abbinate a massime dei saggi dell’ordine.
E poi, a due passi, il giardino di Nan Lian, un’oasi fuori dal mondo ornata da un’appariscente un pagoda, una cascata che copre il fragore del traffico, piante e cespugli modellati come colline in miniatura e una sala del tè tutta in legno che si affaccia su un placido laghetto. Infine alla fermata di Lok Fu potrete scovare il Kowloon walled city park che ricorda l’antica città murata di Kowloon e una pagina buia della storia della città: infatti durante l’invasione giapponese le pietre della città murata vennero smantellate per farne le fondamenta della pista dell’aerporto. Oggi l’intero complesso è stato riprogettato: si entra da un portone circolare seguendo un percorso pavimentato in pietra che rivela di volta in volta splendidi bonsai, pagode sognanti, giganti scacchiere a raso, giardini di rocce e fiori e le statue dello zodiaco cinese.
Musei
Il punto di partenza è il Museo di storia a Chatham road. Un moderno edificio, accostato al museo della scienza, che vi permetterà un viaggio nel tempo attraverso proiezioni, reperti e impressionanti diorami a grandezza naturale per conoscere l’evoluzione di Hong Kong dalla preistoria ai giorni nostri, passando per l’epoca coloniale, l’invasione giapponese e il boom degli anni ’60.
Quest’anno inoltre cade l’anniversario della rivoluzione del 1911 che pose fine al potere imperiale e il museo la ricorda con documenti, fotografie e materiali del periodo. Uno dei protagonisti fu il dottor Sun Yat Sen che ispirò diversi movimenti insurrezionali e visse in esilio a Hong Kong. Sull’isola ci sono un percorso dei luoghi da lui frequentati e un museo interamente dedicato a questa emblematica figura di indomito rivoluzionario. La seconda tappa, sulla passeggiata Tsin Sha Tsui davanti a Victoria Harbour, è il museo d’arte di Hong Kong che offre esposizioni permanenti e temporanee con l’aggiunta di una interessante raccolta di opere d’arte contemporanea e ceramiche antiche.
Un po’ distante dalle arterie principali ma imperdibile è l’Hong Kong Heritage museum (fermata Sha tin): tre piani per spaziare dalla contemplazione degli articolati tanka (dipinti su tela) buddisti all’arte della lavorazione della ceramica nelle diverse dinastie, passando dall’architettura al design moderni fino ad arrivare alla grafica e ai poster, in una sorta di orgoglioso cammino della creatività. Da rimarcare anche la ricca e scintillante sezione dedicata all’opera Cantonese dove statue in costume e proiezioni illustrano le origini della tradizione, le compagnie e gli attrezzi di scena. Inoltre con l’ausilio del computer è possibile simulare il trucco e l’abbigliamento dei personaggi tradizionali.
Mercati
Se escludiamo i centri commerciali, che comunque il viaggiatore dovrà affrontare per scavalcare le arterie ad alta densità di traffico e districarsi nei percorsi urbani, i mercati all’aperto sono il sale della vita di Hong Kong. In ogni distretto (o meglio ogni fermata di metrò) di Kowloon potrete trovare, annidati in strette viuzze o al coperto in squadrati edifici dalle pareti bianche, i classici wet market, i mercati del pesce.
Le merce qui è rigorosamente viva e guizzante, nelle catinelle si agitano pesci crestati e gamberi di varia stazza, cesti di granchi che cercano d’evadere sono affiancati a cassette di enormi bivalvi e molluschi pieni d’aculei. I cinesi amano il cibo fresco e cucinato al momento, perciò vedrete balenare colpi di mannaia e taglieri arrossati di sangue. In strada invece è facile imbattersi in file di banchetti illuminati dove i protagonisti sono frutta e verdura, radici e infusi, pesce essiccato e tagli di carne rigorosamente macellata di fresco.
Kowloon offre alcuni dei mercati più caratteristici. Alla fermata di Prince Edward avrete due scelte appetibili: il giardino degli uccelli di Yuen Po street e il mercato dei fiori. Il giardino è uno spazio assai piccolo che però risuona fino a tarda sera del cinguettio di miriadi di pennuti chiusi in gabbiette di lusso o relegati in chiassose comitive. Scoprirete che a Hong Kong molti amano fare colazione – nei giardini o addirittura in alcuni locali – portandosi la gabbietta con l’amico canterino.
Quanto al mercato dei fiori, lo si sente alla distanza: lo smog e il traffico cedono il passo alla fragranza dei profumi e alla freschezza dei colori di schiere di vasetti e pianticelle d’ogni genere che invadono i marciapiedi. Nello stesso quartiere c’è la possibilità di tornare bambini con l’incanto del Goldfish market: negozi e banchetti offrono decine pesciolini selezionati e imbustati in sacchetti d’acqua pronti per essere trapiantati negli acquari di casa.
Se volete tuffarvi nel mondo delle “occasioni” gli indirizzi sono numerosi ma non va trascurato il Ladies market (fermata Mong Kok) con centinaia di bancarelle che spaziano dalle magliette di marca alle giacche di seta ricamata per signora. Poco distante Shantung street si spalanca un corso scintillante di insegne al neon che offre le ultime novità in campo di cellulari, elettronica, scarpe e abbigliamento sportivo. Tra le fermate Yau Ma Tei e Jordan le opportunità si moltiplicano con il mercatino notturno di Temple street (oggetti di artigianato, monete, bigiotteria e gadget) e il mercatino della giada (per chi ha qualche disponibilità finanziaria in più) con pietre e statuine per sfidare i limiti di peso del vostro bagaglio. E se volete buttare qualche dollaro la sera indovini e chiromanti sono pronti a raccontare meraviglie sul vostro futuro.
Sull’isola di Hong Kong spadroneggiano i mega centri commerciali, ma i mercatini prosperano all’ombra dei vecchi palazzi. Salendo per Queen’s road west vi imbatterete nel mercatino delle antichità di Cat street. Certo è difficile pensare di portarsi via statue e teche di monete, però è piacevole farsi imbonire dagli affabili e sempre cortesi antiquari cinesi. Personalmente la scoperta più gustosa è stata il Wan Chai market, un dedalo di bancarelle arroccato in una serie di stradine in pendenza dove scovare autentiche false griffe (la lotta alla contraffazione si è estesa anche qui dopo l’apertura di succursali delle case d’alta moda) e tarocchi ben congeniati: in primo piano orologi e borse e t-shirt.
Templi
Ogni quartiere-distretto ha il suo tempio di riferimento, dimora di divinità protettrici di pescatori e commercianti oppure di quieti budda che riflettono il traguardo dell’illuminazione interiore. I frontoni in legno lavorato e finemente dipinto illustrano i caratteri e le storie che fanno di ogni tempio un patrimonio unico di spiritualità e arte. Paesaggi campestri, scorci marini, piume d’uccelli e rosseggianti sagome di spiriti divini colpiscono il visitatore prima ancora di accostarsi all’ingresso.
Dove lo spazio lo permette, i templi sono accompagnati da alberi dalle lunghe fronde oppure giardini ben curati. Il Tin Hau temple di Shanghai street a Kowloon è un tipico esempio di questi luoghi di devozione, dedicato alla divinità marina protettrice di pescatori e marinai e per questo a pochi passi da un mercato del pesce. Sull’isola di Hong Kong ne esiste un’altro, dietro il Victoria park, con un piccolo porticato sorretto da colonne di pietra e un altare esterno dove troneggia un vaso cerimoniale per gli immancabili incensi.
Uno degli incontri più intensi lo riserva il minuto tempio di Man Mo, una costruzione poco appariscente all’ombra dei palazzi dei Mid levels che abbina curiosamente due divinità che sovrintendono alla letteratura e alla guerra. Varcando la soglia ci si immerge in un’atmosfera satura d’incenso, il soffitto è popolato da lanterne concentriche e sotto lo sguardo di statue circondate da lumini i fedeli bruciano fasci di banconote augurali. Questi templi rispondono alle esigenze del quotidiano e di devoti con specifiche istanze, ma ci sono mete che attirano il grande pubblico come Wong Tai Sin, a Kowloon.
Basta guardare il vasto parcheggio a raso – un lusso in una città dove un metro quadrato è oro – il via vai di pulmann e comitive e la folla che sgomita per fotografarsi davanti a statue e portali per capire che la visita a questo tempio è un piccolo evento. L’afflusso, fin dalla mattinata, è consistente e vi troverete intruppati per le scalinate dove ogni gradino è custodito da statue-lanterna fino al piazzale con i bronzi dei segni dello zodiaco in versione antropomorfa.
Superato l’arco principale si accede al cortile che ospita le costruzioni con i diversi altari e qui i fedeli si disperdono per indirizzare le loro preghiere in forma di incensi, offerte o invocazioni. Il percorso prosegue con la fontana dei fiori di loto e i padiglioni dedicati ai fondatori del tempio. Ma prima dell’uscita non trascurate il Good wish garden, costruito proprio dietro gli edifici principali, in stile squisitamente cinese: tetti di pagode, corridoi con lanterne e fini colonnati, stagni abitati da carpe e fiori acquatici e cascate che scrosciano su complessi di rocce artisticamente modellate. Insomma un autentico paradiso artificiale fatto per ispirare la pace.
La baia e il picco
Lo spettacolo della baia di Hong Kong è uno scenario indimenticabile e unico: una lingua d’acqua appena increspata dalle scie di rapidi battelli separa le rive popolate da opposte tribù di grattacieli che si squadrano fieri come moderni monoliti di vetro e acciaio. Sono le torri che esplicitano il potere di banche, società, centri commerciali, colossi economici e finanziari che vegliano 24 ore al giorno sulla prosperità della metropoli.
Di giorno inghiottono migliaia di clienti e impiegati, la sera “danzano” nella Symphony of lights: un suggestivo spettacolo che coinvolge ben 44 edifici sulle due sponde della baia in una sarabanda sincronizzata di neon intermittenti, raggi laser e musica. Per assistervi basta accomodarsi sulla baia a Tsim Sha Sui oppure sul fronte opposto, nell’area di Wan Chai. Ma per una visione “stereo” potete salire sulle giunche dalle vele porpora e ammirare l’esibizione in mezzo alla baia.
E a proposito di luci della ribalta, per chi ama il cinema di Hong Kong degli anni ’70 e ’80, sulla Tsim Sha Tsui promenade c’è la passeggiata delle stelle dove – in stile hollywoodiano – hanno lasciato le loro impronte i protagonisti del grande schermo: le star Jackie Chan, Jet Li, Chow Yun Fat e i mitici registi Tsui Hark e John Woo. Ma la folla si accalca soprattutto per ammirare la statua di Bruce Lee raffigurato in posa d’attacco, un drago protettore per l’intera città.
E se anche voi volete avere l’illusione di dominare la metropoli, concedetevi una gita sul verdeggiante Peak. Servendovi del tram, ossia della funicolare coloniale datata 1888 e opportunamente rimodernata, potete raggiungere il Victoria Peak che con i suoi 552 metri vi permetterà di dominare la selva di grattacieli che coronano la baia, i grandiosi ponti di Tsing Yi, le flotte di cargo al largo dell’isola di Lamma e, in caso di bel tempo, anche la verde isola di Lantau e i contorni continentali dei Nuovi territori.
Dal capolinea, sede di negozi e ristoranti, si dipartono una serie di percorsi ricavati nel fresco dell’umida foresta che rappresenta l’anima originale di Hong Kong. E qui, tra verdi cortine di rami e vecchie postazioni antipirata convertite in belvedere, sarà più facile riconciliarsi con le frenesie locali cogliendo l’essenza di una moderna metropoli che ha fatto del filosofico «tutto scorre» la sua ragion d’essere.
Gianlorenzo Barollo