Lewis Hamilton ha conquistato la pole position a Melbourne, velocissimo. Fin troppo, si stanno chiedendo le altre squadre che avevano creduto di poter contrastare l’alfiere della Mercedes. E in effetti, Sebastian Vettel con la Ferrari nel Q2 aveva segnato un tempo che era sembrato eccellente, con gomme supersoft: 1’21”944. E lo aveva leggermente migliorato nel decisivo Q3 (1’21”838) insieme a Raikkonen (1’21”828) e Max Verstappen con la Red Bull (1’21”879). Hamilton, che nel Q2 aveva segnato 1’22”051, nel Q3 ha lasciato a bocca aperta il Circus: 1’21”164, un tempo migliore degli avversari di 664 millesimi (Raikkonen), 764 (Vettel) 715 (Verstappen).
Ho riflettuto, ho esaminato le velocità nei tre settori e mi sono accorto che quelle della Mercedes di Hamilton e della Ferrari erano identiche mentre quelle della Red Bull erano inferiori di 5-6 chilometri. Ovvio, allora, che tutta la differenza l’hanno fatta le curve. E per fare una differenza tale in curva occorre avere un effetto suolo ben superiore a quello degli avversari. Ho poi ripensato alla botta di Bottas contro il muretto. Il finlandese della Mercedes è uscito troppo velocemente da una curva e non è riuscito a tenere la macchina finendo contro il muretto. E questo mi ha convinto ancora di più di essere indirizzato verso una strada che può essere quella giusta.
Poiché l’età, ahimè, mi consente di ricordare sono riandato al 1977, il mio primo anno da inviato in formula 1. Allora, la Lotus 78 di Mario Andretti stupì il Circus per la velocità di percorrenza delle curve. Mario non vinse i titolo, che andò a Lauda, perché la Lotus era ancora indietro quanto ad affidabilità. Ma indaga, indaga alla fine gli avversari scoprirono il segreto di Chapman: le Lotus avevano un effetto-suolo straordinario grazie a delle bandelle laterali, poi chiamate minigonne, che aumentavano la deportanza, cioè l’aderenza della vettura al fondo stradale, con l’aumentare della velocità.
I tecnici della Lotus avevano progettato delle pance laterali, nelle quali erano alloggiati i radiatori, con un fondo a superficie alare rovesciata: questo accorgimento permetteva di ottenere un carico aerodinamico notevolmente superiore rispetto alle monoposto rivali che ne erano prive. Le minigonne servivano a sigillare più efficacemente la superficie dell’asfalto con il fondo alare della monoposto, separando nettamente i flussi d’aria tra il sottoscocca e l’esterno della vettura incrementando l’Effetto Venturi. Sulla Lotus 79, dell’anno dopo, le minigonne non erano più sottili lamine fisse ma erano diventate mobili e potevano compiere escursioni verticali anche di alcuni centimetri adattandosi alle sconnessioni della pista e agli scuotimenti delle sospensioni mantenendo un sigillo aerodinamico più efficiente.
Vuoi vedere, mi sono allora detto dopo aver analizzato la prestazione di Lewis Hamilton, che gli ingeneri della Mercedes hanno inventato qualche sistema per aumentare la velocità in curva? Per esempio, un sistema raffinato che aumenti di molto l’effetto-minigonne che si crea utilizzando i gas caldi dello scarico per sigillare i lati del fondo vettura, in modo da ridurre le interferenze e le infiltrazioni che si creano lungo il fondo e che compromettono la funzione di diffusore. Utilizzando i gas di scarico, e inclinando maggiormente il fondo piatto della vettura si ottiene un effetto suolo di grande importanza.
Siccome i segreti in formula 1 durano spesso lo spazio di una gara, e siccome nel Circus lavorano tecnici di grande ingegno e abilità, penso che fra poco il mistero della gran velocità in curva di Hamilton sarà presto svelato.