F1, Morosini in pista: ecco la mia Monza

“Monza ha tenuto a battesimo la mia carriera giornalistica, cominciata nel 1967 con le piccole cilindrate”. Il giornalista Nestore Morosini racconta una vita nel mondo dell’informazione sportiva, iniziata sul circuito dentro il parco.
MONZA GRAN PREMIO D ITALIA FORMULA 1 VITTORIO BRAMBILLA IL GIORNO DELLA VITTORIA AL GRAN PREMIO IN AUSTRIA
MONZA GRAN PREMIO D ITALIA FORMULA 1 VITTORIO BRAMBILLA IL GIORNO DELLA VITTORIA AL GRAN PREMIO IN AUSTRIA FABRIZIO RADAELLI

Monza ha tenuto a battesimo la mia carriera giornalistica, cominciata nel 1967 con le piccole cilindrate (formula Monza, formula 850, formula Ford, formula 3) e come collaboratore del Corriere dello Sport di Roma. Il capo rubrica del giornale sportivo della Capitale era Renato D’Ulisse col quale ho sempre avuto un rapporto quasi fraterno. Lui arrivava a Monza per la 1000 km e il Gp di formula 1 e io gli facevo da scudiero. Nella terza formula delle ruote scoperte, feci amicizia con Giannino Salvati. Ricordo una gara di formula 3 stratosferica: 42 giri di battaglia metro a metro fra Salvati e Ronnie Peterson: vinse lo svedese, che fu vittima nel 1978 del tragico incidente a Monza in cui riportò ferite tali da morire poi all’Ospedale di Niguarda. Ricordo con nostalgia il cestino del pranzo (panini, coca cola e frutta) che l’AC Milano ci rifilava e che Paolo Montagna, insieme al fedelissimo Bravi, durante le gare ci faceva arrivare sul banco dei giornalisti, arrampicato sull’ultimo gradino della tribuna principale, tramite la graziosissima Ornella, della quale eravamo un po’ tutti innamorati.

Passato al Corriere della Sera, il capo redattore Gino Palumbo mi mise agli sport vari ma, dopo avermi mandato alle tragiche Olimpiadi di Monaco di Baviera, in premio al mio lavoro in terra tedesca mi passò alla rubrica calcio. Per cinque anni Monza mi fu proibita, qualche volta andavo di straforo a vedere le gare di F3 per veder correre Vittorio Brambilla, altro amico caro. Nel novembre 1976 passai alla rubrica automobilistica e finalmente mi ritrovai nell’ambiente che avevo sempre sognato. Nel gennaio 1977 debuttati come inviato del Corriere della Sera al mondiale di formula 1, a fine anno, in Canada, arrivò in Ferrari Gilles Villeneuve che sostituiva Lauda dopo l’addio alla scuderia di Maranello: fu amicizia a prima vista.

A Monza la 1000 Km. stava andando in disuso perché i grandi della F1 avevano cominciato a disertarla. E la sola gara di F3 appetibile era il GP della Lotteria, sia per i soldi sia perché metteva in luce i giovani piloti più promettenti. Nel 1977 quella gara fu vinta da Elio De Angelis e sul Corrierone titolammo : “Il miliardario De Angelis distribuisce i miliardi della lotteria”. Elio quel titolo non me lo perdonò mai: “Io ho fatto tutto con le mie forze, se mio padre ha anticipato dei soldi glieli ho resi tutti, fino all’ultima lira”, mi disse.

La Monza più bella ed emozionante fu quella del titolo di Jody Scheckter. Io sapevo che Gilles era più veloce del sudafricano, un gradino più su per coraggio, doti tecniche e agonismo. Ma Ferrari aveva dato a Scheckter la sua parola e voleva mantenerla. Così. Quando Gilles fece il giro a tre ruote, nel GP d’Olanda a Zandvoort, praticamente perse le sue chances mondiali a favore di Scheckter. E il Drake, prima di Monza 1979, convocò i piloti e raccomandò loro la difesa degli interessi della Scuderia. Perciò disse a Villeneuve che rispettasse il fatto che Jody era al comando della classifica iridata e che lui, Gilles, avrebbe dovuto proteggergli l’eventuale prima posizione in gara dagli attacchi che certamente Jacques Laffite gli avrebbe portato. Perché se Laffite fosse arrivato secondo il mondiale sarebbe rimasto aperto e con Canada e Usa Est ancora da disputare il futuro non avrebbe avuto certezze assolute. “L’ingegner Ferrari mi ha assicurato che l’anno prossimo Jody lavorerà per me, per il mio titolo”, mi disse dopo la qualifica in cui le Renault turbo di Jabouille e Arnoux avevano conquistato la prima fila. La gara di Monza è ormai passata alla storia. Esploso il turbo Renault di Arnoux e ritiratosi Laffite per un guasto alla pedaliera, Jody che era scattato in testa al via non ebbe più problemi, seguito da Villeneuve. Fu in quella Monza 1979 che ebbi modo di apprezzare l’onestà di Gilles: pur essendo ancora con punti in classifica da titolo mondiale, e pur essendo più veloce di Sheckcter, restò secondo fino al traguardo. E Jody vinse il titolo mondiale. Purtroppo la T5 del 1980 fu la peggior Ferrari del decennio appena trascorso: e Villeneuve restò a bocca asciutta. Ma oggi, nel mio cuore, ho il rimpianto di non averlo visto campione del mondo. Come avrebbe meritato nel 1982 se il suo destino non si fosse compiuto sulla pista belga di Zolder, l’8 maggio. Il giorno più triste per i tifosi della Ferrari.