«A pensare male si fa peccato, ma a volte ci si indovina», diceva spesso l’onorevole Andreotti. E anche a me capita, talvolta di pensare male. E magari di indovinarci. Vorrei tornare sull’ingresso ritardato della safety car nel GP di Cina, vinto da Daniel Ricciardo con la Red Bull Renault. E vorrei analizzare quel trentunesimo giro in cui il direttore di corsa, Charlie Whiting ha esposto con molto ritardo il segnale giallo dell’ingresso della safety car in seguito a una collisione fra i due piloti della Toro Rosso, Pierre Gasly e Brendon Hartley. Segnale che per regolamento deve comparire immediatamente sul display delle monoposto e dei tecnici delle squadre al lavoro sul muretto della pit lane.
Siamo al 31mo giro, la collisione è avvenuta e il video mostra Charlie Whiting che sembra decidere se fare uscire o no la safety car. In quell’istante Bottas guida con 915 millesimi su Vettel che lo segue come un’ombra, 5”206 su Verstappen e 8”899 su Ricciardo a sua volta preceduto da Hamilton. Tutti e quattro montano gomme medie. I due di testa appena affrontano a 185 all’ora (dopo un rettilineo da 330 km/h) la curva-biforcazione che immette al rettilineo del traguardo e alla pit lane, immediatamente compare la bandiera gialla con su scritto safety car. Dopo due secondi si vede la Red Bull di Verstappen, che non deve fare la curva ma andare diritta, sfrecciare velocemente verso il box, tre secondi più tardi anche quella di Ricciardo infila la pit lane. I meccanici della Red Bull sono già fuori con le gomme soft pronte e i pit stop dell’olandese (che in corsia box supera un avversario prima del limite di velocità) e dell’australiano sono velocissimi. Poi Verstappen ne combina di tutti i colori, compreso lo speronamento di Vettel, e perde la corsa che invece Ricciardo vince grazie a gomme più fresche e più performanti per via della mescola più morbida. Tutto questo è documentabile dalla ripresa televisiva. E ritorno alla mia conclusione primitiva.
In quei cinque secondi fra il passaggio di Bottas-Vettel alla biforcazione della pit lane è avvenuta l’accensione del display “safety” car. In quei cinque secondi i tecnici Red Bull hanno deciso di richiamare al box i piloti; in quei cinque secondi li hanno richiamati; in quei cinque secondi Verstappen ha infilato la corsia box imitato poi da Ricciardo. Proprio in quei cinque secondi Charlie Withing ha deciso di far uscire la safety car, dopo aver visto molto prima i detriti delle Toro Rosso sulla pista e i commissari che li toglievano. La Ferrari avrebbe fatto bene a chiamare al box Raikkonen (Mark Gené, parlando in telecronaca diretta, ha rivelato che il pilota aveva chiesto se dovesse rientrare, la risposta è stata di rimanere in pista) e montargli le gomme soft, probabilmente avrebbe vinto perché in gara fino all’incidente delle Toro Rosso era subito dietro a Verstappen ed era più veloce della Red Bull. Ma è il senno di poi.
Ho visto e rivisto la registrazione di quel trentunesimo giro. Il signor Whiting ha commesso un errore madornale danneggiando sportivamente ed economicamente Mercedes, Ferrari e tutti coloro che avevano scommesso sulla loro vittoria. Liberty Media, proprietaria americana della formula 1 sta rischiando grosso. Lo spettacolo inteso in stile yankee non si addice alla formula 1, dove la tecnologia è raffinata e gli investimenti sono cospicui. Sergio Marchionne ha già fatto sapere che se il mondiale devierà dalle sue caratteristiche e dalla sua tradizione, la Ferrari uscirà. E con lei lo ha fatto sapere anche la Mercedes.
In tal caso, cosa rimarrebbe alla Liberty Media? Niente macchine, ma solo un rischio: quello di veder nascere un mondiale alternativo che ben presto la sotterrerebbe. Quindi, attenzione a quel che fanno i responsabili in pista delle corse. Un errore come quello di Whiting in Cina potrebbe costare molto caro ai proprietari americani. E se proprio non si vuole sostituire l’attuale direttore di corsa, almeno si varino norme ferree da applicare: ma sempre le stesse. In modo che chi se ne avvantaggia lo debba fare secondo l’applicazione di un preciso regolamento e non ad libitum.