Congolese di Monza picchiato:«Sporco negro, voi puzzate»

Lo hanno picchiato appena fuori del suo luogo di lavoro, una ditta di Cernusco. Kelly Missey, un giovane congolese residente a Monza, ora ha presentato denuncia al commissariato di Monza. Il commando razzista era composto da quattro persone.  
Congolese di Monza picchiato:«Sporco negro, voi puzzate»

Monza – Un’aggressione a sfondo razzista appena fuori dal posto di lavoro. Uno contro quattro, di cui tre energumeni a prenderlo a botte e calci. Kelly Missey è ancora traumatizzato, mentre racconta quei drammatici momenti nella direzione della Cgil di Monza e Brianza, con il segretario generale Maurizio Laini seduto accanto a lui.

Rifugiato politico congolese di 24 anni con il chiodo fisso dello studio, residente a Monza, lunedì 7 marzo scorso Kelly è rimasto vittima di un vero e proprio agguato fuori dal cancello della Terdeca, azienda metalmeccanica di Cernusco sul Naviglio dove da un anno Kelly lavora come interinale. All’origine della vile aggressione, un diverbio avvenuto il sabato precedente con l’addetto alle pulizie dell’azienda, un italiano sulla soglia della pensione, che l’aveva rimproverato perché Kelly aveva lasciato, inavvertitamente, delle impronte sul pavimento dello spogliatoio in cui si era appena cambiato dopo avere lavorato l’intera giornata su di una macchina che perdeva olio: «Non ho negato di essere stato io – ha raccontato il giovane – ma ho spiegato di non averlo fatto apposta e che per lavorare ci si deve sporcare. Poi ho aggiunto che ci saremmo potuti confrontare il lunedì mattina con il capo per capire se avessi sbagliato». Una risposta interpretata come una mancanza di rispetto da parte dell’addetto alle pulizie «che – ha proseguito Kelly – mi ha aggredito verbalmente con insulti come «Sporco negro, voi negri puzzate, venite dalla foresta» e che poi mi ha sputato addosso».

Il lunedì successivo Kelly è stata rincuorato dal capo relativamente all’accaduto, ma non appena ha incrociato l’addetto alle pulizie ecco il sinistro monito: «Sei un uomo morto». Dalle parole ai fatti. Intorno all’ora di pranzo, durante la pausa, Kelly non ha fatto in tempo ad uscire dal cancello dell’azienda che è stato bloccato da due auto di grossa cilindrata, una delle quali ha inchiodato a pochi metri da lui impedendogli il passaggio: «Sono scesi in quattro, tutti grossi, vestiti in modo molto elegante». Sotto gli occhi dei colleghi che stavano uscendo per il pranzo, i quattro «gangster» hanno iniziato a picchiarlo ferocemente colpendolo ripetutamente con una serie di pugni alla testa e intimandogli di chiedere scusa all’addetto alle pulizie che intanto si godeva la scena: «Ero terrorizzato, piangevo, ho detto che avrei chiesto scusa e li supplicavo di non uccidermi. Mi hanno minacciato di non andare a fare denuncia, altrimenti mi avrebbero ucciso. Uno di loro – ha chiarito Kelly – si è qualificato come suo figlio».

Il giovane congolese è stato soccorso dal direttore della fabbrica che nel frattempo era rientrato in azienda, poi è stata chiamata un’ambulanza e i carabinieri «che – sottolinea la Cgil – non sono usciti». La prognosi è di 7 giorni a causa dei traumi contusivi, ma i medici hanno riscontrato anche un profondo stato di choc. L’addetto alle pulizie è stato sospeso dal lavoro per cinque giorni dall’azienda, che ha ribadito l’ineccepibilità di Kelly al quale poco tempo fa è stata proposta l’assunzione, non appena scadrà il contratto il prossimo luglio. Non è bastato. Una volta ricevuto l’avviso di sospensione, l’addetto alle pulizie si è recato dal delegato di Fiom Cgil annunciandogli che Kelly «è un uomo morto».

Con una famiglia distrutta in Congo, l’uccisione del padre, lo sbarco a Lampedusa nel 2006 via Libia, il lavoro diurno e gli studi serali all’Ipsia di Monza per ottenere il diploma e quelli attuali all’università in Economia gestionale, Kelly – dopo la denuncia al commissariato di Monza – è apparso provato: «Non mi importa se vogliono uccidermi. Ne ho passate troppe. Troppe ingiustizie».
Luca Scarpetta