Monza – “Adesso sono proprio curioso, voglio vedere come ci si sente socialmente utili”. Iniziano con un tocco di ironia, che non guasta mai, i cinque lavoratori cassaintegrati, “arruolati” negli uffici giudiziari grazie al protocollo di intesa firmato tra la presidenza del tribunale e la provincia di Monza e Brianza. Cinque nuovi arrivi, sui quindici previsti, a rinfoltire le scarne fila degli organici a disposizione degli uffici del palazzo di giustizia monzese. Ieri mattina, puntuali alle otto, si sono presentati nell’ufficio del presidente Anna Maria Di Oreste. Dopo un periodo di formazione, verranno destinati a mansioni di archivista o di operatore informatico, anche in relazione al loro gradi di professionalità e preparazione.
Per uno dei cinque è prevista l’assegnazione alla sede distaccata di Desio, giunta ormai al collasso per mancanza di personale. Tra loro, ci sono ex operai, ma anche lavoratori laureati e diplomati, lasciati a casa dopo anche 30 anni di lavoro alle spalle. “Il reclutamento è avvenuto soprattutto tra persone in una fascia di età dai 45 anni in su, verso dunque la soglia della pensiona, per i quali diventa più difficile reinserirsi”. Le storie dei nuovi lavoratori del tribunale (per loro contratto di sei mesi prorogabile di altri sei, da lavoratori socialmente utili, che non “congela” i benefici degli ammortizzatori sociali), riflettono la precarietà del mercato del lavoro di oggi, sul quale, soprattutto a partire da dopo l’estate, si stanno riverberando gli effetti della crisi economica generale, con un numero sempre maggiore di aziende che scivolano pericolosamente verso il baratro, e conseguenti tagli all’occupazione. Giuseppe Milano, per esempio, si è ritrovato senza lavoro, dopo 37 anni di impregno presso un’azienda che preferisce non rivelare, dove ricopriva la mansione di responsabile di produzione.
“Il mio caso, non è stato particolarmente traumatico, almeno dal punto di vista economico, sul lato umano, tuttavia, ti ritrovi a gestire una situazione che non eri pronto ad affrontare”. Il suo è un caso di accompagnamento all’età pensionabile, che scatta nel 2010. Trentuno anni di lavoro in fabbrica per C.C., ex operaia della Metalli Preziosi di Paderno, azienda al centro di roventi proteste sollevate dai dipendenti, rimasti senza vedere una lira per dieci mesi. Società alla quale si sta interessando anche la stessa procura di Monza per presunti casi di malagestione e bancarotta.
Altri 160 lavoratori erano stati lasciati a casa dalla società di cosmetica in cui lavorava Angelo G., ex addetto alle vendite: “dopo l’incubo della mobilità, senza vedere un soldo dall’Inps, accolgo come un’opportunità questa nuova esperienza che mi si prospetta”
Federico Berni