Muggiò – Non solo i clienti ma anche il titolare del bar Carraro di via Pellico, al confine con Nova Milanese, era coinvolto in un giro di spaccio di droga, scoperto dai carabinieri. Lo hanno accertato gli investigatori, che un mese fa avevano arrestato un giovane proprio davanti al bar. Anche il barista, 40 anni, è stato arrestato con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti. Il provvedimento nei suoi confronti è scattato mercoledì. Le indagini erano partite lo scorso mese di febbraio. Dopo aver notato un sospetto via vai intorno al locale, le forze dell’ordine avevano iniziato a tenere sotto controllo la zona. Ed era partito un primo arresto.
I militari avevano infatti “incastrato” un giovane di 27 anni di Cesano Maderno, Francesco R., colto in flagranza di reato. Il ragazzo, quando è stato fermato dai carabinieri della stazione di Muggiò e del nucleo radiomobile di Desio, aveva con sé 13 dosi di cocaina, pronte per essere venduti. E’ stato quindi colto in flagranza e non ha saputo dare giusitificazioni di quelle bustine che gli sono state trovate addosso. Sottoposto a perquisizione, gli è stata infatti trovata la droga in tasca, mentre si trovava nei pressi del bar di Muggiò. Il cesanese è stato quindi portato in carcere a Monza. Le indagini però non si sono fermate. I militari hanno infatti continuato a indagare, per accertare se il proprietario del bar frequentato dal censanese fosse al corrente e in qualche modo complice dell’attività illecita.
E in effetti, dopo qualche settimana, hanno avuto la certezza che anche il barista era coinvolto nel giro di spaccio di droga, insieme ad un paio di clienti, che sono stati denunciati. Non è la prima volta che il bar finisce al centro dell’attenzione dei carabinieri e risulta punto di riferimento di spacciatori della zona. Già nel 2005 intorno al locale era stato scoperto un vasto giro di spaccio. E il gestore era stato arrestato: secondo le indagini, nel bar bastava ordinare un caffè per avere, oltre alla tazzina, una busitna di cocaina al posto dello zucchero.
“Un caffè” era la parola d’ordine per i clienti che volevano una dose. Insieme all’uomo, erano finiti in manette altri 8 complici, con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti. Alcuni di loro erano incensurati. Uno si trovava in regime di semilibertà: di notte era costretti a stare in carcere, di giorno faceva l’operaio e spacciava. L’ inchiesta era partita dalla segnalazione di un cittadino. I carabinieri avevano scoperto che il piccolo bar era al centro di un vasto traffico internazionale di cocaina. La droga arrivava dalla Colombia e poi veniva venduta in Brianza, nell’hinterland milanese e in provincia di Lecco, Como e Varese.