Era il 17 febbraio del 1992 quando Mario Chiesa, presidente in quota Psi del Pio Albergo Trivulzio di Milano, veniva arrestato. Fu l’inizio di un terremoto che annientò, in pochissimo tempo, il sistema partitico che reggeva il Paese dal 1945. Un sistema passato attraverso la Guerra fredda e i momenti bui della cosiddetta “strategia della tensione”, e che, pur con tutti i suoi difetti, aveva reso l’Italia, uscita sconfitta dal conflitto mondiale, “vincitrice della pace”.
Mentre la polvere delle macerie della prima repubblica si depositava, non pochi furono coloro che festeggiarono il crollo di un’intera classe dirigente. Fu quel crollo a spalancare le porte all’antipolitica, la quale ebbe, da subito, la funzione di cavallo di Troia per una palingenesi tecnocratica che da allora, come dimostra il Governo Draghi, non ha più arrestato il suo corso.
A 30 anni di distanza, però, i salvifici effetti di quella rivoluzione stentano a palesarsi. Un dato su tutti: dal 1993 la disuguaglianza di reddito (misurabile con il coefficiente di Gini) è quasi costantemente aumentata, specchio di una classe media in continua contrazione. Eppure, ancora oggi, non sono in pochi quelli che continuano a ritenere le falle del quadro politico antecedente a Tangentopoli come una delle cause dei tanti mali che attanagliano il nostro presente. Ma è davvero questa la realtà?