Con il deposito delle liste ha ufficialmente preso il via la campagna per le elezioni politiche di fine settembre. E, come puntualmente accade a ogni tornata, non sono mancati i delusi. Non solo tra gli aspiranti candidati che si sono visti negare un posto in lista (alcuni anche “eccellenti”, come diversi uscenti di peso che, complice la riduzione dei seggi, non saranno riconfermati) ma anche tra le sezioni e i dirigenti locali dei vari partiti.
Non è infatti esiguo il numero dei “catapultati” da altre province che correranno per un seggio in Brianza (e non solo). E, viceversa, di brianzoli che scenderanno in campo in altri territori. Un effetto di procedure di selezione “oligarchiche”, come le ha definite in una recente intervista il filosofo Massimo Cacciari? Anche, ma non solo. Sicuramente un ruolo lo ha avuto la riduzione dei parlamentari decisa durante la scorsa legislatura (poi suffragata da referendum). Una scelta che, inseguendo la moda demagogica e spesso irrazionale dell’antipolitica, ha nei fatti, a fronte di un risparmio dall’impatto irrisorio per i conti pubblici, ridotto drasticamente la rappresentanza territoriale e favorito ulteriormente determinate dinamiche già consustanziali al Dna dei moderni movimenti leaderistici, privi di qualsiasi vagito di democrazia interna. Tutto prevedibile, in fondo. E, del resto, così hanno voluto gli italiani