In Brianza non mancano i personaggi da commedia, ma certi sindaci sembrano scritti da un autore di satira con il caffè amaro. In quest’angolo ordinato della Brianza, dove l’aria profuma di ordine e ordinanze, dove il pensiero dominante ha un colore politico rosso tenue, c’è un sindaco/a che non ama i riflettori, ma ancor meno ama essere osservato. Non parliamo di satira feroce, né di inchieste scomode. Più di un articolo, qualche riga firmata da un giornalista locale e perché no, magari anche un’imprecisione, per far scattare la telefonata infuocata. Metteteci anche delle domande del giornalista giudicate dal politico “idiote”. Capita. Soprattutto se sono scomode.
Aggiungete pure se volete, la richiesta insistente di notizie al politico che rasenta lo stalkeraggio. Mischiate pure un’antipatia congenita per il personaggio in questione (non sono io, almeno sino ad ora, ma il collega giornalista). Ecco tutto ciò è la sintesi della telefonata da “centralino del potere”. Il tono? Offeso, indispettito, vagamente paternalista. Il contenuto? Un mix tra “il vostro giornalista mi ha mancato di rispetto” e “questa è disinformazione”. Il direttore (cioè io), con la pazienza di chi ne ha viste tante, ascolta, annuisce, prende nota, reagisce alla provocazione (perché no?). Poi con garbo, porge la palla nel campo della democrazia: “Perfetto, signor sindaco. Scriva le sue osservazioni. Le pubblicheremo”.
Ho aspettato, ma silenzio. Miracolo. Sparito. Il leone da telefono si trasforma in un felino senza connessione. Nessuna mail. Nessuna nota ufficiale. Nessuna smentita. Chi al telefono tuonava come un piccolo Churchill brianzolo, davanti alla richiesta di mettere per iscritto le proprie ragioni si dilegua nel nulla, lasciando solo l’eco della sua indignazione fuori copione. Insomma un sindaco che si lamenta… ma solo ad alta voce, mai in alta definizione. Il giornalista, nel frattempo, continua a fare il suo mestiere. E il primo cittadino? Ritorna nel suo ufficio, probabilmente a riscrivere la Costituzione dove l’articolo 21 è “se non mi critichi, sei un bravo cronista”. Morale? A Paderno la stampa è libera, ma solo se fa gli articoli con i cuoricini. Altrimenti scatta la telefonata indignata… seguita da un silenzio assordante.