Un libro edito da Skira e scritto da Flaminio Gualdoni apre una ulteriore finestra sulla conoscenza di Luca Crippa, pittore brianzolo e italiano di significativo valore.
Un approfondimento sul percorso artistico dell’artifex, tanto che Gualdoni osserva: “In famiglia egli dunque respira da subito un clima che lo spinge a farsi un artifex: che è cosa, è fondamentale, ben diversa dall’essere artista. Un brianzolo come Crippa non solo si conosce, da subito, decoratore, ma tutta la sua storia ci dice che, potendo eccellere in un’arte maggiore, la pittura, egli avverta una scelta siffatta come un’autolimitazione, un restringimento d’orizzonte, e dunque eviti accuratamente di farsene seguace, preferendo una pratica totalmente centrata sul disegno e sulle sue molteplici fervide declinazioni, in cui il pensiero del decorare si ponga a gradi diversi la questione della ragione della decorazione, declinando il proprio savoir faire su piani e in ambiti diversi dell’operare”.
Luca Crippa il collezionista e ricercatore
Vi è un lato ancora poco indagato e studiato ed è quello del Luca Crippa collezionista, e talvolta -se non spessissimo- funzionale alla sua attività artistica. L’occasione di questa uscita mi porta a significare come a monte del suo operare vi fosse una sorta maniacale di ricercare oggetti, egli infatti non solo fu collezionista di opere di amici e colleghi ma “ricercatore” di oggetti, materiali, foglietti, legni, ecc. ovvero di tutto ciò che era fuor dal comune o, se comune, ormai caduto in disuso e dimenticato, ma bastevole per ritornare a vivere.
Nelle mille volte che sono entrato in casa sua, casa-studio-laboratorio proprio a ridosso del Palazzo di Brera, dovevo farmi largo tra le pile di oggetti, tra le migliaia di foglietti-veline che erano serviti a coprire arance e mele provenienti da ogni dove, serrature ottocentesche, parti di mobili smontati, pomelli, turaccioli, e non sto qui a dir di più. Curiosità da collezionisti le veline delle arance, abiti fazzoletto da collezione in carta di sete. Le arance, nel passato soprattutto, anche se alcuni produttori continuano a farlo ancora oggi, venivano spedite avvolte in carta velina. Ogni incarto recava disegni, scritte, marchi a seconda del produttore.
L’insolito collezionismo di Luca Crippa
Oggi quegli incarti sono divenuti preziosi oggetti da collezione esibiti anche in musei ed archivi privati. Luca Crippa ne era un conoscitore prezioso, osservava, selezionava e catalogava centinaia di esemplari degli artistici, caratteristici e coloratissimi incarti di arance siciliane. Luca Crippa, un insolito collezionista, perché buona parte di questi oggetti sarebbero a lui serviti per costruire e inventare, fantasticare e muovere il suo mondo che ci ha lasciato, specie nei collage e nei polimaterici.
Luca Crippa, ho già significato che ha calcato la scena di un “Surrealismo italiano”, certo senza limitarsi ad esso, intraprendendo quella strada d’una produzione effervescente, esplosiva e fortemente prolifica dell’opera d’arte, spaziando dal disegno al collage, dalla scultura opera polimaterica all’oggetto-design, fino alla scenografia. Le opere, sculture fantastiche realizzate in legno, pietre e ferro, frutto dell’assemblaggio di oggetti abbandonati e ritrovati dall’artista sulle rive del lago di Como, raccontano, insieme agli onirici collages, la poliedrica personalità del maestro, uno dei primi iniziatori del linguaggio surrealista in Italia; e in una visione antologica e monografica le sue opere vanno dalla produzione giovanile degli anni a cavallo della seconda guerra mondiale agli assemblaggi polimaterici della fine anni Settanta e Ottanta, fino agli ultimi collages dei primi anni Novanta.
Crippa, i modi metafisici, i collages
Nell’intero lavoro dell’artista è possibile rintracciare modi metafisici per i manichini /ominidi inseriti in atmosfere rarefatte di alcuni collages, di assemblage e di certi disegni, come anche l’influsso del polimaterismo futurista e dell’ironia dadaista. Adotta ogni materiale ed ogni procedimento con raffinatezza ed eleganza peculiari, ed è scenografo e ceramista di grande talento, con una cultura nutrita dalle sue infinite curiosità di collezionista di giocattoli popolari, carte d’arancia, stampe d’autore, di tutto potesse colpirlo con la fantasia. E usa il colore – il che avviene ben raramente -lo fa con gusto ammaliante, con una perizia degli accostamenti tonali da fare invidia a qualsiasi pittore.
Ma è il maggiore tra i nostri bianconeristi, è -fatte le debite distinzioni, parte delle quali a favore di Luca- paragonabile ad Alberto Martini, soprattutto per l’amore pressochè esclusivo con cui si dedica a questa forma espressiva. In punta di pennello o di pennino, con inchiostri cinesi. Luca Crippa ha elaborato migliaia di immagini nelle quali la forma degli oggetti subisce metamorfiche evoluzioni, si fa allusiva, perde connotati reali e diviene surreale, magica. Nelle grafiche Luca Crippa lascia leggere un linguaggio autonomo che tuttavia ha chiari rapporti con il surrealismo per il carattere magico, simbolico e visionario, per via di forme che in una fase ascensionale, torrita, svettano in un nuovo tipo di riduzione visiva dello spazio che le accoglie quasi fossero presenze viventi, mostrando più dimensioni prospettiche che creano quello spaesamento tipico dell’imagèrie surrealista.
Surreale, da Breton a Crippa
La prova tangibile di questa surrealtà italiana innervata anche in Luca Crippa è nel fatto che questa ha abbracciato il campo psicofisico nella sua totalità – del quale la coscienza non è che una debole parte come esigeva Andrè Breton – grazie a quella specie di inseminazione spirituale che attraverso le opere e le azioni il surrealismo ha sparso per decenni ai quattro venti. Né va dimenticato che l’essenza di un’opera surrealista è nell’atteggiamento e nel metodo di chi l’ha fatta, metodo che va dall’automatismo all’immaginazione onirica, al desiderio erotico, dal collage fino agli objet trouvés.
Pur se nelle opere più recenti e nostrane, è essenziale, senza discutere la legittimità della definizione “surrealista”, qualunque metodo, pur drastico, che valga a risolvere le antinomie tra soggetto e oggetto, tra individuo e società, fra esistere ed essere. Da qui partire per sottolineare l’importanza e la validità dell’artista seregnese, spirito originale e inventore di linguaggi e di giochi; figura oggi internazionale, fantasioso, intelligente, imprevedibile, e con una rara consapevolezza del mestiere e della responsabilità che il dipingere comporta. Crippa riteneva che fosse necessario per trasformare la propria vitalità in pienezza di creazione, pensare, parlare e insegnare. Aiutato dalla forza del ricordo, la tradizione gli fa creare un mondo fantastico in cui alberi, rami e foglie muovono in un cosmo vegetale, e città immaginarie, luoghi immersi in uno spazio cromatico mobile, evocano un’eco lontana di melodie musicali.
Un linguaggio di “fantastico all’italiana” fu avvertito da Giò Ponti che ne scriveva nel 1946 sulla rivista “Stile”. A seguire nel ‘70 Marco Valsecchi – che poi dal 1974 sarà collega al quotidiano “Il Giornale”- ferratissimo sulla poesia e sul linguaggio di Luca Crippa, sottolineava non solo l’originalità di dadaisti e surrealisti, lo definiva “eclettico” perché si muoveva con “un candore che conosce tutti i labirinti della coscienza e tutte le punte d’avanguardia della cultura”.
Luca Crippa e il suo mondo dal cilindro
Magritte, inserendo in un’opera la scritta “Ceci n’est pas une pipe” vuole comunicarci che la raffigurazione o l’immagine di un qualsiasi oggetto, non deve essere confusa con l’oggetto stesso, quello reale e tangibile. Da Magritte il Crippa cattura talune parole che aprono alla lettura della sua grafica e dei suoi disegni, e delle immagini che in essa vi ruotano. Molti elementi della pittura, della grafica, degli acquerelli, dei disegni in bianco/nero di Luca Crippa, elementi catturati dalla quotidianità e portati alla disidentificazione dell’immagine, paiono nella sua ricerca votati alla indefinita ripetitività.
Più volte ho visto disegnare Luca Crippa, stupito ed estasiato nell’ aver visto come quella sua mano aggrediva il foglio, come il segno a penna o a china scivolava sulla carta per raccontare come in un diario, emozioni e ricordi, la vita quella vera; una fioritura di segni che argomentava efebi con la testa avvolte da farfalle o conchiglie, foglie, alberi, steli, rami, stelle, insetti diversi, sassi e pietre, Luca Crippa tirava fuori tutto il suo mondo, immagini liriche, come un giocoliere tira fuori dal suo cilindro oggetti e forme emozionanti e stimolanti.
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Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.