La libertà è un bene prezioso. Ce ne siamo accorti in questi due anni di pandemia, soprattutto quando le restrizioni imposte dal Governo per contrastare l’avanzata del coronavirus ce l’hanno portata via. Ma la libertà è anche e da sempre il mantra della nostra società, occidentale e liberale: vogliamo essere liberi di esprimere il nostro pensiero, liberi di parlare, liberi di scegliere come vestirci e chi amare. Tutto corretto. Tutto bello. Fino a quando, come purtroppo accade sempre più spesso, la libertà non viene pericolosamente confusa con il capriccio e l’egoismo.
La vicenda della madre che avrebbe abbandonato la figlioletta di 18 mesi per sei giorni in casa senza cibo né acqua per andare a divertirsi liberamente con il compagno, consegnandola a una morte atroce, lungi dall’essere un orrore avulso dal contesto in cui viviamo, è purtroppo uno specchio terribile dei nostri tempi balordi. Tempi in cui l’ideale cui tendere, per molti è un solipsismo totalizzante, che non contempla né le responsabilità né le esigenze dell’altro. Come evidente da fatti di cronaca come quello citato, il confine tra questo atteggiamento e l’abisso di un male tanto orribile quanto banale nelle sue manifestazioni è preoccupantemente sottile. Iniziare a porci delle domande sui messaggi che il nostro sistema sociale veicola, a questo punto, è probabilmente doveroso.