Tra badanti, pannoloni, cateteri e rette da capogiro, la terza età in Brianza sembra più un club esclusivo che una fase naturale della vita. Per un posto letto in una delle 70 Rsa dell’Ats Brianza servono in media 84,13 euro al giorno. Tradotto: 30.707 euro all’anno. Come un master a Harvard, ma senza laurea finale. Altro che vacanza ai tropici, qui si paga per avere una stanza con vista sul corridoio e un campanello a portata di mano. Un welfare di guerra, più che di comunità. Le Rsa? 70 strutture, di cui solamente 4 pubbliche. I posti letto solventi, quelli in cui si paga tutto di tasca propria, crescono del 32%.
Un trend chiaro: chi ha bisogno paga, chi non può… aspetta. O rinuncia. E non basta avere il portafoglio gonfio. Prima bisogna trovare il posto. Le liste d’attesa, evaporate durante la pandemia, sono tornate a crescere più dei capelli di un ventenne. In pratica, ci vuole una raccomandazione anche per il riposo eterno. Le famiglie, nel frattempo, si trasformano in agenzie di viaggio. Solo che il viaggio è per trovare un letto, spesso in un’altra provincia. La nonna finisce a Bergamo, il nonno a Cremona. L’amore eterno separato da esigenze logistiche.
E mentre gli anziani aumentano l’indice di vecchiaia vola. Altro che baby boom. Qui è boom di badanti e bad vibes. La Regione avrà pure aiutato le Rsa, ma non chi ci finisce dentro. Tradotto: le rette salgono, le pensioni no. E chi non ha il figlio commercialista o il nipote influencer, deve arrangiarsi in qualche modo.
Morale? In Brianza la terza età è un lusso per pochi. Altro che panchine nei parchi, tornei di scala 40 e album dei ricordi. Oggi, per godersi la vecchiaia, serve un conto corrente robusto. Oppure un figlio banchiere.