L’arrivo di Filippo Ferri come nuovo questore ha scatenato l’orticaria della sinistra. Prese di posizione indignate che rievocano la condanna per i fatti della scuola Diaz di Genova nel 2001. Un coro che rivela più un riflesso ideologico che una riflessione sui principi di giustizia, riabilitazione e merito. “Condannato per i fatti della Diaz”, urla la sinistra con memoria selettiva, pronta a scagliarsi contro gli “sbirri”, ma incapace di guardare oltre i titoli di Repubblica.
È vero. Ferri è stato condannato. Ha scontato la pena e ha pagato un prezzo. Esiste ancora, almeno sulla carta e non negli slogan, un principio che si chiama riabilitazione. O vogliamo applicare la legge a geometria variabile a seconda della convenienza politica? Ferri ha scontato la pena. Ha seguito l’iter previsto dallo Stato di diritto ed è rientrato nelle funzioni pubbliche con piena legittimità. Perché dunque dovrebbe essergli negato il diritto di servire lo Stato, se lo Stato stesso, con le sue leggi, glielo consente? La sinistra che oggi si strappa le vesti, è la stessa che idolatra ex terroristi pentiti, applaude magistrati militanti e tace sulle malefatte di certi sindaci arcobaleno.
Se il nuovo questore fosse stato un attivista no-global che nel 2001 spaccava vetrine, oggi sarebbe in Parlamento. Ma lui non è un eroe da Centro sociale. Monza non merita un questore scelto per far felice qualche assemblea del giovedì sera in via Arosio. Il garantismo è un optional da attivare solo quando fa comodo. Quando riguarda qualche ex brigatista divenuto scrittore, il mantra è “ha pagato, ora può contribuire alla società”. Invece se tocca ad un poliziotto scatta la gogna mediatica e politica. Il garantismo di sinistra funziona solamente se hai rotto vetrine non se porti una divisa.