La Quadreria di villa San Martino di Berlusconi ad Arcore

La Quadreria di villa San Martino ad Arcore
La Quadreria di villa San Martino ad Arcore Fabrizio Radaelli

L’argomento di cui tratto è ghiotto, ma ho aspettato che si spegnessero i riflettori che ne avrebbero distratto il focus per parlarne e intervenire su quella che è stata chiamata “la Collezione d’arte di Silvio Berlusconi”.

Ho conosciuto bene Silvio Berlusconi fin dai primi anni ’90, ci siamo incontrati più volte anche in occasione di inaugurazioni di mostre -vedi la Mostra del libro antico al Museo della Permanente di Milano e altro ancora – e talvolta mi ha chiesto anche indicazioni su cosa collezionare, cosa che ho fatto e ha trovato anche di grande interesse. In sostanza, però, ben poca cosa. Ma più in generale Silvio Berlusconi non è mai stato un intenditore d’arte e poco ha ascoltato storici dell’arte che potessero dargli consulenza in tal senso nel tempo. Non lo ha fatto né con Vittorio Sgarbi, né con il sottoscritto che pure ha trattato e scritto d’arte fin dai tempi di Indro Montanelli, per decenni -e ancor oggi presente- ne “Il Giornale” che era di sua proprietà.

La Quadreria di Berlusconi ad Arcore: 25mila opere, 2mila da salvare

Sta di fatto che la collezione d’arte di Berlusconi, che oggi pesa e non poco sugli eredi, i quali se ne vogliono presto disfare, consta di oltre 25mila opere d’arte tra dipinti e oggetti vari, sculture, vasi e ceramiche, accatastati in un hangar che si trova di fronte a Villa san Martino in quel di Arcore in Brianza. Delle oltre 25mila opere ne salvo circa 2mila, il resto è (come dicono del resto in molti) brutta pittura, arte orribile, “croste” napoletane, opere che non valgono assolutamente nulla. E pensare che quel deposito-hangar di opere che costa 800mila euro all’anno ha la dicitura esatta di “Quadreria di villa San Martino”, anzi “Quadreria di villa San Martino dal 1970”.

Alla quadreria sono in campo e vi provvedono un manipolo di circa otto persone. E dire che più volte è stato detto al cavalier Berlusconi di non sprecare inutilmente i soldi così, e che avrebbe invece potuto veramente mettere in piedi una collezione super con dipinti e opere di artisti di chiara fama, “pochi ma buoni”, come hanno fatto tanti prima di lui, da Agnelli a Prada, fino a Tronchetti Provera e altri ancora. Pare che Berlusconi abbia speso, in pochi anni, circa 20 milioni di euro per oltre 25mila “croste” incorniciate in legno dorato. Anche l’amicizia con Vittorio Sgarbi è servita a nulla in questo caso. «Applicava il principio della quantità -ha detto Sgarbi– voleva realizzare la pinacoteca più grande del mondo. Nella proprietà ho trovato alcune opere pre-esistenti di Tiziano, Tintoretto, Procaccini, comprò un bel Nomellini, nella villa di Lesmo vidi un disegno di Francesco Coghetti e il ritratto della moglie del marchese Casati Stampa, l’anno prima di essere uccisa, opera di Pietro Annigoni. Poi è cominciato il delirio».

La Quadreria di Berlusconi ad Arcore: che cosa amava

Silvio Berlusconi a Monzello
Silvio Berlusconi a Monzello

Bene, cosa comperava il cavaliere? Paesaggi tanti, di Roma e Venezia, di Napoli e Parigi, pochissime vedute di Milano, ma ripeto tutte imitazioni, a imitazione della pittura del ‘700, nulla di veramente storico e datato, e poi nudi di donna, e anche motivi sacri. Quasi nulla di antico, spessissimo copie o temi di ispirazione classica realizzati da sconosciuti pittori dalle sigle veloci, come quelli che sono nei negozi al mare a Sanremo o ad Alassio o a Capri e venduti a sprovveduti turisti. Berlusconi amava molti generi pittorici, realizzati in stile classico, dove erano evidenti l’armonia ed i colori luminosi.

Amava le composizioni floreali, la ritrattistica storica con un’attenzione particolare all’epopea napoleonica, il vedutismo urbano, i paesaggi verdeggianti, la pittura d’interno in stile fiammingo, la scuola di Posillipo, la pittura orientalista, la pittura battaglistica di terra e di mare, le scenette di vita partenopea e in modo particolare la pittura mitologica.  Spesse volte sceglieva dipinti da donare ad amici e capi di Stato. Il logo “Quadreria di villa San Martino dal 1970” appariva anche sui famosi pacchi in cui erano incartati i quadri che Berlusconi inviava ad amici e leader internazionali, come ha raccontato a Repubblica.

C’era tutta una filiera e una tipografia provvedeva a tutto. Ora, una parte delle opere acquistate la teneva per sé, altre le destinava ai regali di Natale per gli amici, con tanto di dedica personalizzata sul retro della tela, che si vedevano recapitare a casa dei simil Canaletto, una sontuosa odalisca, o anche una madonnina un po’ napoletana, un’immagine devozionale di Maria con il bambinello, un’opera di grande dolcezza che qualcuno gli aveva venduto come attribuita -ma molto discutibile- ad un artista fiammingo del XVII secolo.

La Quadreria di Berlusconi ad Arcore: gli acquisti

Comprò da Telemarket che aveva sede a Brescia e da mercanti fuori dal sistema dell’arte, fortunati dall’aver avuto un cliente come lui; basti pensare a De Gregorio, titolare della Newarte di Arzano vicino a Napoli che ha dichiarato a Report di avergli venduto in soli tre anni almeno 5mila tra quadri, sculture, ceramiche, vasi, oggetti di scarso valore, prezzati sulla base di non si sa quale criterio e comunque non quotabili sul mercato ufficiale. Vi erano delle opere che il cavaliere amava molto, tra queste vi era un quadro dedicato al mito di Selene ed Endimione; il mito raccontava dell’amore che la dea della Luna Selene nutriva nei confronti di un giovane pastore mortale di nome Endimione. Essendo l’amato destinato alla morte, Selene chiese a Zeus di renderlo immortale; quest’ultimo accontentò Selene facendo piombare Endimione in un sonno eterno capace di preservarne la bellezza. Ogni notte Selene sarebbe andata a trovare il suo amore addormentato. Certamente l’amava perché in esso vi leggeva l’idea dell’immortalità, e soprattutto il mito dell’amore eterno

Questa quantità di dipinti che ora marciano verso la dismissione, o divisione testamentaria, e che sottolineiamo non essere “capolavori”, sarebbero materiale di studio -sulla linea del saggio di Gillo Dorfles “Il Kitsch”- su quello che è stato il cattivo gusto involontario. La famiglia Berlusconi, peraltro, non ha mai sviluppato la passione per l’arte, a eccezione di Barbara Berlusconi che nel 2009 fu socia della Galleria Cardi di Milano, ma ciò non bastò a convincere papà Silvio – che all’epoca aveva altro da fare – a comprare Lucio Fontana o Piero Manzoni, e neppure a investire nell’Arte povera, a puntare sugli astrattisti americani, o sull’Arte analitica da Guarneri a Griffa e neppure ai nomi della monocromia e dell’estroflessione come Bonalumi e Castellani.

La Quadreria di Berlusconi ad Arcore: la figlia Barbara e l’arte

Eppure Silvio Berlusconi anche non avesse voluto – come non ha voluto – avere alle spalle consiglieri e consulenti seri e di chiara fama, non ha chiesto neppure consigli a sua figlia Barbara. Ambiziosa, indipendente, Barbara oltre alla filosofia è una grande appassionata d’arte.

Nel 2009 aveva fondato con altri soci come Nicolò Cardi e Martina Forneron Mondadori, discendente di Arnoldo Mondadori, la Cardi Black Box. In Porta Nuova a Milano vengono esposti per anni i lavori di stelle dell’arte contemporanea come Markus Lüpertz, A.R. Penck e Shirana Shahbazi. Barbara non manca un opening ma soprattutto non manca di ripianare le enormi perdite della società. Nel 2014 lo spazio si fonderà alla galleria Cardi per diventare Cardi Gallery, la cui sede è a Londra, nel cuore di Mayfair. Barbara ne uscirà nell’ottobre 2017.

Ma questi pensieri li hanno i veri collezionisti e il cavaliere Berlusconi non lo era propriamente, perché comprava e basta, cose lontanissime dal gusto e dall’estetica del moderno e contemporaneo, proprio lui che invece è stato signore e campione nell’editoria, nel calcio, nella politica.

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Carlo Franza

Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.