La macchina teatrale di Agostino Bonalumi con scenografie e costumi da Mazzoleni a Torino 

Alla galleria una grande mostra a dieci anni dalla scomparsa dell'artista, concentrata su un aspetto inconsueto della sua produzione.
Agostino Bonalumi: Il Teatro delle Forze la storica galleria Mazzoleni Arte di Torino
Agostino Bonalumi: Il Teatro delle Forze la storica galleria Mazzoleni Arte di Torino

Agostino Bonalumi (Vimercate 1935- 2013) – ormai a dieci anni dalla scomparsa – continua a far parlare di sé, e non poco, sia dal punto di vista della critica ufficiale, sia con le quotazioni del suo mercato in forte ascesa come s’è potuto vedere nelle aste del 2022 e 2023.

Si dovrà pur riconoscere che questo mercato non lo ha sempre accompagnato benevolmente quand’era ancora in vita e ha dovuto faticare non poco per lasciar affermare la sua arte su più fronti. Ora con la mostra Agostino Bonalumi: Il Teatro delle Forze la storica galleria Mazzoleni Arte di Torino torna a dedicare, nel decimo anno della scomparsa, una grande retrospettiva al maestro lombardo e soprattutto brianzolo, aperta al pubblico fino a febbraio 2024.

La macchina teatrale di Agostino Bonalumi con l’Archivio, Fondazone Cini, Opera di Roma e Fondazione Egri

Attraverso una ricca selezione di opere plastiche di grandi dimensioni, l’esposizione presenta anche una serie di documenti originali e bozzetti grafici grazie alla collaborazione con l’Archivio Bonalumi di Milano, la Fondazione Cini di Venezia e a prestiti dell’Archivio Storico del Teatro dell’Opera di Roma e della Fondazione Egri per la Danza di Torino. La mostra, curata da Marco Scotini, si focalizza su una delle stagioni più felici dell’attività creativa di Bonalumi (dalla fine degli anni Sessanta fino agli anni Settanta), a partire tuttavia da due specifici lavori meno indagati della sua intera produzione artistica che necessitano di un approccio multidisciplinare per essere esplorati nella loro complessità.

Al centro della mostra “Agostino Bonalumi: il Teatro delle Forze” sono infatti le scenografie e i costumi concepiti per il balletto Partita, ideato e coreografato da Susanna Egri con musica di Goffredo Petrassi, e per l’azione coreografica Rot di Domenico Guaccero e Amedeo Amodio, andate in scena rispettivamente al Teatro Romano di Verona nel 1970 e al Teatro dell’Opera di Roma nel 1973. In questo senso il titolo della mostra torinese fa diretto riferimento alla macchina teatrale come suo oggetto – da un lato, così come – dall’altro – allude alle forze plastiche, un po’ scultoree,che ogni lavoro di Bonalumi esibisce e connota.

La macchina teatrale di Agostino Bonalumi: la forza che preme dall’interno

Non è pur vero che fin dai suoi primi lavori è sempre presente una “forza che dall’interno dell’opera preme estroflettendo la superficie”, distribuendosi in una spinta difforme? E non è ugualmente vero che ogni opera di Bonalumi s’origina dalla dialettica tra pressioni interne di un corpo e resistenze o sollecitazioni esterne che la superficie della tela oppone a tali tensioni?  Ecco allora che occorrà non solo e solamente rintracciare dei segni in questi lavori, ma soprattutto forze, espansioni, premiture, perché in gioco ci sono delle forze, non solamente delle rappresentazioni astratte, ma grandezze fisiche. “Si pensa di aver detto ormai tutto di un grande autore come Bonalumi” osserva Scotini, “mentre al di sotto dell’evidenza c’è ancora tanto da scoprire”. Perché allora, ripetere una variante narrativa della stessa storia?

Un materiale unico e prezioso che, unito alle opere, fa capire quanto le coeve ricerche dell’artista fossero legate formalmente e concettualmente a uno spostamento di prospettiva, ovvero da ciò che Gillo Dorfles definiva “pittura-oggetto”, pittura espansa, estroflessa, che fuoriesce dalla tela, tridimensionalmente, alla scultura vera e propria che si posiziona fisicamente nell’ambiente circostante. Le scenografie che Bonalumi realizza per i due balletti rappresentano, dunque, una sintesi del suo lavoro artistico, una messa in scena della dimensione ambientale sperimentata in quegli anni, con opere come la monumentale “Blu abitabile”, i grandi volumi in vetroresina dalle silhouette nette e taglienti, e parte della “Struttura modulare bianca”: un vero “Teatro delle Forze” come il titolo della mostra, che allude alle forze plastiche   evocate dall’artista nelle sue opere. 

La macchina teatrale di Agostino Bonalumi: le forze sulla scena

Agostino Bonalumi: Il Teatro delle Forze la storica galleria Mazzoleni Arte di Torino
Agostino Bonalumi: Il Teatro delle Forze la storica galleria Mazzoleni Arte di Torino

Pare poco percepire se un vero e proprio teatro di forze è all’opera nei monocromi plastici di Bonalumi?  Teatro è solo e sempre lì dove c’è una cosa e il suo opposto, due entità (o due maschere) in conflitto; per questo, all’inizio degli anni Settanta, i due spazi scenici di Partita e di Rot diventano i luoghi per eccellenza della ricerca plastico-dinamica di Bonalumi. Proprio perché vi incontriamo anche forze sceniche, forze acusticheforze coreograficheluministiche che entrano in un rapporto di mutua dipendenza e simultaneità con quelle plastiche e cromatiche delle sculture dell’artista. Ma questi grandi spazi scenici sono anche un osservatorio privilegiato per valutare lo spostamento di Bonalumi dalla pittura-oggetto all’ambiente plastico, così come sono stati definiti dalla letteratura critica sull’autore.

Di fatto nel 1967 la partecipazione di Bonalumi alla mostra miliare “Lo spazio dell’immagine” a Foligno con l’ambiente Blu abitabile e la sua personale alla Galleria Bonino di New York, dove campeggia alla grande “Ambiente bianco”, segnano non solo uno spostamento dimensionale dell’opera dell’artista, ma anche un cambio paradigmatico nella spazialità in cui si trova immesso il fruitore (attraverso estroflessioni accentuate, modularità e scansioni ascendenti). I grandi volumi in fiberglass (vetroresina) dalle silhouette nette e taglienti presentati nella mostra alla Galleria del Naviglio  dei Cardazzo  a Milano nel 1969, “Vorrei incontrare gli architetti”, così come il coevo “Grande Nero” per il Museum am Ostwall di Dortmund in Germania  oppure la sala personale per la Biennale di Venezia del 1970 con l’indimenticabile “Struttura modulare bianca” sono tutte esperienze plastiche che confluiranno e segneranno un capitolo prestigioso  nella definizione scenica, spaziale e drammaturgica di Partita e di Rot, molte delle quali sono oggi nobilmente riallestite nella mostra torinese da Mazzoleni.

Agostino Bonalumi: Il Teatro delle Forze la storica galleria Mazzoleni Arte di Torino
Agostino Bonalumi: Il Teatro delle Forze la storica galleria Mazzoleni Arte di Torino

Per questo la mostra preziosa “Agostino Bonalumi: Il Teatro delle Forze” dell’artista brianzolo cui valeva il detto “nemo propheta in patria”,intende sottolineare il ruolo centrale di questo coinvolgimento dell’artista con la macchina teatrale vera e propria. A corredo delle grandi opere in esposizione, perché offrono una didattica chiara e visiva, la presentazione in appositi display dei bozzetti di scene e costumi e le foto originali delle due rappresentazioni.  La mostra è accompagnata da un volume dedicato a queste due esperienze di teatro musicale, che si avvale della collaborazione di esperti di più discipline, musicologi e studiosi   di coreografia.  E infine per gli studiosi, brillerà non poco l’idea di percepire un “nuovo e insolito” Bonalumi, qui in una mostra personale, nelle inedite vesti di “scenografo”, forse termine improprio per il maestro delle estroflessioni, ma utile a identificare un momento particolare della sua produzione artistica degli anni Settanta, affine a una certa idea di teatro. 

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Carlo Franza

Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.