La Brianza l’export ce l’ha nel sangue. E quando si parla di internazionalizzazione il territorio è considerato uno dei motori dell’economia italiana e un punto di riferimento anche a livello europeo.
Ma i risultati ottenuti dalla cosmetica nell’ultimo anno vanno oltre ogni rosea previsione. Monza, infatti, non solo è quarta per esportazioni tra le province italiane per saponi, detergenti, prodotti per la pulizia, lucidatura, profumi e cosmetici, creando con Milano e Bergamo il principale polo produttivo del Paese ma fa segnare una crescita tra il 2016 e il 2017 addirittura oltre l’80 per cento.
Business raddoppiato. I numeri parlano di un boom che ha portato quasi al raddoppio degli affari, passati da una cifra di poco superiore ai 220 milioni di euro, alla ben più consistente somma di 397 milioni: un aumento che, con questa consistenza di scambi, non ha riscontri simili nelle altre province italiane, alcune delle quali, comunque fanno registrare risultati più che lusinghieri. Dati che vengono confermati anche per quanto riguarda l’interscambio con estero, poco sotto il mezzo miliardo (465 milioni di euro), con le importazioni a 67 milioni, ulteriore segno che il volume di affari volge verso l’alto. La presenza di tre province lombarde (Milano, Bergamo e Monza, appunto) tra le prime quattro a livello nazionale (Roma è al terzo posto da questo punto di vista) fa della nostra regione l’area leader, con un valore totale degli scambi che arriva a 5,3 miliardi contro i 9,4 dell’Italia, e anche quella che riesce a piazzare meglio delle altre i suoi prodotti oltre confine.
La zona geografica più recettiva resta sempre la buona vecchia Europa, che si mangia 186 milioni di euro di prodotti brianzoli, destinati per 42 milioni ai Paesi che non appartengono all’Unione europea. Quelli della Ue, insomma, i detrattori dell’Europa unita non dovrebbero mai dimenticarlo, sono ancora di gran lunga i più ben disposti nei confronti dei prodotti italiani: l’export qui è di 143 milioni.
Anche l’Oceania. Anche l’Asia e l’America, però, strizzano l’occhio ai cosmetici made in Brianza, il cui business porta a casa 116 milioni a Est (con Medio Oriente e Asia centrale particolarmente sensibili al richiamo) e 82 milioni a Ovest (in prevalenza nella parte settentrionale del continente). Qualcosa, ma non in termini così significativi, viene anche da Africa (7 milioni) e dall’Oceania (5 milioni di euro).
Qualità. Il mondo della cosmetica brianzola è fatto di ricerca orientata ai prodotti naturali, al rispetto dell’ambiente. La tendenza a privilegiare i prodotti che rispettano l’ambiente si è già fatta abbondantemente strada, tanto che i consumatori stanno diventando sempre più esigenti in questo senso. Più che il prezzo, insomma, si tende a guardare la qualità di ciò che si compra. Per assecondare questo momento positivo del comparto la Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi, ha organizzato nei giorni scorsi nella sede di piazza Mercanti a Milano 100 incontri di business tra imprese italiane del settore cosmetica e bellezza e buyer stranieri.
“InBuyer”. Un’iniziativa nell’ambito del progetto InBuyer” di Unioncamere Lombardia e del Sistema camerale lombardo con il supporto di Promos che ha coinvolto anche diverse aziende brianzole.
Case history. Due storie brianzole raccontano il successo del settore. Ricerca, innovazione, formazione e uno sguardo sui mercati esteri a partire dalla Francia, patria della cosmesi professionale sono alla base dell’esperienza di Natì, società di Desio nata nel 2003 e all’avanguardia nel mondo tanto che atenei del calibro dell’Università degli Studi di Milano ne hanno certificato l’unicità a livello mondiale in merito agli studi sulla valutazione degli effetti dell’acqua coerente applicata allo skincare, alla cura della pelle.
La tecnologia dell’azienda brianzola ha portato, infatti, attraverso l’applicazione di principi della fisica quantistica alla realizzazione dell’Acqua BioTecnologica.
«È un’acqua super coerente – spiega Angelica Maran responsabile della comunicazione e dell’internazionalizzazione dell’azienda- Ha le stesse caratteristiche fisiche dell’acqua presente nella pelle. Per questo noi diciamo che è acqua che parla all’acqua». Tutti i cosmetici sono principalmente fatti di acqua ma quella dei prodotti Natì ha questa particolare caratteristica. La family company desiana si rivolge al mondo dell’estetica professionale (centri estetici, saloni di bellezza, spa) offrendo anche corsi di alta formazione. «Vogliamo valorizzare le estetiste e il loro lavoro-continua Maran- fare in modo che si riapproprino della loro professionalità».
Il mercato, per ora, è principalmente quello interno ma si guarda anche all’estero, con contatti con Paesi come Francia, Belgio e Lussemburgo. Il mercato è saturo di prodotti ma puntando sull’innovazione oggi si trova spazio anche dove non sembra essercene.
Superlocale invece l’interlocutore di Fitopreparazione Hierba Buena di Veduggio con Colzano che parla a i gruppi di acquisto solidale. I gas, molto presenti in Brianza, sono i clienti principali per vendere detergenti ecologici, biodegradabili, cosmetici senza conservanti o altro ancora.
«Non mi interessa per niente la grande distribuzione – spiega Ermano Spinelli, il titolare dell’azienda – Noi lavoriamo soprattutto con i gruppi di acquisto solidale. Ne riforniamo 150 in tutta Italia, il grosso in Lombardia: costituiscono il 50% del nostro lavoro». Un target molto mirato, quindi, in grado probabilmente di apprezzare maggiormente, per cultura e preparazione, le scelte di rispetto dell’ambiente alla base della filosofia dell’azienda brianzola.
Le piante che vengono utilizzate, ad esempio, sono erbe locali, di uso tradizionale, raccolte o comunque in arrivo da fornitori locali. I tensioattivi sono tutti di derivazione naturale, per le creme si usano nuovi oli vegetali, più leggeri. L’attenzione alle materie prime, insomma, è una priorità. La propensione per i prodotti naturali, d’altra parte, è stata sempre una caratteristica dell’azienda fin dalla sua costituzione, da quando, nel 1992, nacque dall’ex azienda agricola Fratelli Spinelli.
«A questo settore si sta avvicinando sempre più di gente – osserva Spinelli – Sta cambiando il modo di fare la spesa, il consumatore è più critico: prima guardava il prodotto meno costoso, oggi guarda l’etichetta». Prima di tutto, insomma, si valuta la qualità. Per Hierba Buena resta comunque, al di là di qualche interesse da Svizzera e Grecia, la scelta del mercato locale: «Anche perchè – conclude Spinelli – se vai all’estero devi conoscere bene i mercati e i gusti dei clienti».