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L’editoriale: ddl Cirinnà, il vero nodo si chiama reversibilità

Qualche settimana fa il Cittadino aveva messo in guardia su una delle pieghe meno dibattute del ddl Cirinnà, approvato al Senato giovedì (manca ancora lo, scontato, passaggio alla Camera): quella riguardante l’estensione della reversibilità.
Una seduta a palazzo Madama sede del Senato
Una seduta a palazzo Madama sede del Senato

«Se la legge sulle unioni civili dovesse essere approvata, è chiaro che il diritto alla reversibilità si estenderebbe, e c’è la possibilità che si voglia correre ai ripari in vista di un ampliamento del numero degli assicurati». Qualche settimana fa il Cittadino aveva messo in guardia su una delle pieghe meno dibattute del ddl Cirinnà, approvato al Senato giovedì (manca ancora lo, scontato, passaggio alla Camera): quella riguardante l’estensione della reversibilità. I virgolettati qui sopra, raccolti dal nostro Sergio Gianni, non appartengono a un assalitore ideologico della legge, ma al direttore del patronato Cisl di Monza Brianza Lecco, Dario Turco.

Lo scontro, anche acceso, che ha accompagnato l’iter della legge con le sue svolte (il “canguro” bocciato dai grillini, Alfano che ottiene lo stralcio della stepchild, il deludente dibattito sulla “fedeltà” di queste ore), si è concentrato – comprensibilmente – sui due snodi dalle più evidenti conseguenze etico-antropologiche: l’equiparazione delle unioni ai matrimoni e la facoltà da parte di coppie omosessuali di “adottare” il figlio naturale frutto di precedenti legami eterosessuali. Per quanto realisticamente quest’ultimo provvedimento, stralciato dal testo di legge, riguardi forse poche migliaia di casi, il suo evidente legame con la possibilità di aprire all’utero in affitto ha scatenato aspre contrapposizioni. Che sia stato messo da parte è una buona notizia, anche se l’impianto dell’intero provvedimento non si può dire radicalmente alterato.

Ottima notizia sarebbe parlare più chiaramente della reversibilità: che costi (e che coperture) ha estenderla alle unioni civili come prevede la norma approvata con voto di fiducia? Che tipo di abusi si potrebbero verificare? Tecnicamente, ci si potrebbe unire al proprio suocero la cui pensione può essere più appetibile di quella del proprio consorte? Il nesso con i progetti – ventilati e smentiti – del governo di mettere mano alla reversibilità “tradizionale” (nata con l’evidente intento di tutelare la procreazione, cosa un po’ complessa tra coppie omosessuali) fa giustamente fare 1+1 a chi conosce i numeri, come accade in un patronato. Questo non è un tema eticamente né culturalmente meno sensibile: per difendere la famiglia servono risorse, accanto ai principi.